«In casa d'Amadio Sacerdoti Mondovì: lui medesimo d'anni 35».
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prospetti principali, tagliato dalla via delle Agucchie. All’estremità opposta del ghet-
to, le facciate orientali di via Gattamarcia costituivano un cateto del grande isolato
triangolare di cui via Sabbioni, a nord, era l’ipotenusa mentre era fuori del ghetto il
secondo cateto, via Sant’Agnese. In antico, l’ampia area interna all’isolato fra le vie
Gattamarcia e dei Sabbioni era occupata da uno ‘scorsuro’ poi trasformato in strada,
come testimonia il toponimo di via Fossapuzzola:
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gradualmente urbanizzata, la
stradella ha svolto nel tempo la funzione di consentire l’ampliamento del numero
delle unità abitative del ghetto senza la necessità di sopralzare a dismisura il costruito
esistente, come è avvenuto invece nel recinto di Venezia, dalla superficie edificabile
già inizialmente satura. A confortare la teoria che anche spazi destinati alla viabilità
siano stati edificati per aumentare la ricettività dell’area si può considerare come
i vicoli ‘mozzi’ attuali non siano altro che la traccia superstite delle soppresse vie
esistenti in antico.
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A 65 anni dall’istituzione del ghetto nell’ex capitale estense, la consistenza
della Nazione ebraica rinchiusa in segregazione viene disegnata da un censimento
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In esecuzione delle ultime volontà di Maddalena vedova del dottore di leggi Santo, in quali-
tà di commissari testamentari il ministro della Compagnia della Scala e Antonio «bastarolo» hanno
venduto ad Andrea Marescalco un piccolo edificio nella contrada di San Gregorio il cui ricavato,
pari a 30 lire marchesane, è stato dispensato ai poveri fra cui alcuni residenti in Fossapuzzola: «do-
mine Johane de Fossapuçula pauperi antique presenti et recipienti solidos 20 marchesinorum […],
Nane Albanesis de Fossapuçola solidos 10 marchesinorum […], Domine Betine pauperae antique
infirme qui habitat in Fossa puçola lib 2 marchesinorum». ASFe,
LPE
, Lettera A, cart. 3, fasc. 1, n.
97, notaio Rainiero Jacobelli, 27 novembre 1425. Un così alto numero di indigenti spinge a pensare
che in antico Fossapuzzola fosse un’area destinata a emarginati poveri e infermi o, quanto meno,
che in essa fosse loro accordata accoglienza.
Nel 1488, Sebastiana, figlia del maestro Antonio Bianchini detto
Trulo
e moglie di Giovanni
da Modena «boccalaro», ha venduto a suo fratello Giovanni Bianchini, pittore, la terza parte per
indiviso di un fabbricato posto in «Gatamartie», che confinava con altro edificio dello stesso ac-
quirente «pro jure episcopatus», e con la via «Fossapuzole». ASFe,
ANAFe
, Bartolomeo Silvestri,
matr. 388, pacco 2, c. 39, 27 febbraio 1488, in A
DRIANO
F
RANCESCHINI
,
Artisti a Ferrara in età
umanistica e rinascimentale. Testimonianze archivistiche
, parte II, Tomo I, Corbo, Ferrara 1995,
p. 444, doc. 648.
Il toponimo si è conservato nel tempo: nel 1746 l’Opera Pia dei Mendicanti ha concesso inve-
stitura ai fratelli Giovanni Antonio e Domenico Mazzoni di «mettà per indiviso d’una casa murata,
cuppata, et solarata con pozzo [...] sotto la parrocchia di San Giacomo nella contrada di Gatta
Marcia all’incontro della stradella detta Fossa Puzzuola ed hora nel Circondario degli Ebrei», per
il canone annuo di 76 baiocchi e 4 denari a San Michele
.
ASFe,
ANAFe
, Nicola Frizzi, matr. 1502,
pacco 8, 13 agosto 1746; ASFe,
Orfanotrofi e Conservatori di Ferrara
, 31 anticamente segnato
Catastro G, cc. 16 v- 20 r, 13 agosto 1746, notaio Nicola Frizzi.
Nello stesso 1746 Giovanni del fu Nicolò Mazzoni ha concesso ai fratelli Abram e David
Dalla Vida lo «jus kazakà sopra una casetta à due sollareti [...] nel primo viunculo di Gatta Marza,
all’incontro della strada detta Fossapuzzola». Atto del 21 novembre 1746 del notaio Giovanni
Battista Caprioli, in ASFe,
APA
, Maurelio Panizza, busta 422/1, fascicolo 44 del 1764, perizia del
30 maggio.
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Quelli che attualmente sono vicoli chiusi in antico erano viazzole: vicolo della Vittoria
sboccava direttamente in via Carbone e vicolo Mozzo delle Agucchie era il naturale prolun-
gamento di vicolo Vignatagliata che è stata poi dilatata a formare piazzetta Isacco Lampronti.
Righini ha ipotizzato che la realizzazione degli edifici che interrompono tali percorsi sia ve-
rosimilmente avvenuta al momento della chiusura del ghetto, con considerevole risparmio di
portoni. E
UGENIO
R
IGHINI
,
Quel che resta di Ferrara antica
, Bresciani, Ferrara 1912, volume II,
p. 371, nota 1.
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