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Stefano Arieti
di Dioscoride, ma tutte quelle che le scoperte geografiche avevano portato all’atten-
zione dei medici. Per ogni pianta fornisce, così, non solo il nome in greco o latino,
ma in molte lingue volgari e talvolta in arabo. Di fatto si può considerare l’
Index
, con
i suoi molti errori tipografici, come la prima versione delle
Enarrationes
: nel primo
risultano, infatti, ancora separate le indicazioni di Dioscoride sulla pianta in oggetto,
a cui segue il commento sull’uso nella pratica clinica di Amato; nelle
Enarrationes
il
tutto si fonde in un discorso unitario e maggiormente organico.
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Veniamo ora alla più celebre opera di Amato, le
Centuriae
, che furono prece-
dute, secondo alcune testimonianze, dalla stesura di un
Commentario alla Quarta
Fen del 1° Libro di Avicenna
, il cui manoscritto, però, non ancora pubblicato durante
il suo soggiorno ad Ancona, andò perduto, insieme ad altre carte e manoscritti nei
tragici avvenimenti del 1556, che lo costrinsero a una precipitosa fuga dalla città.
Secondo A. Tavares De Sousa, questo
Commentario
sarebbe stato scritto su una tra-
duzione dall’arabo al latino fatta da Jacob Mantino, che poi lo stesso Amato avrebbe
rivisto e corretto.
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Se questa notizia potesse essere in qualche misura confermata,
potrebbe aprirsi un nuovo filone di ricerche sulle interrelazioni in campo medico tra
gli ebrei presenti in Italia nel XVI secolo, argomento del quale sinora mi pare non
esservi adeguata bibliografia.
Da un punto di vista tipologico le
Centuriae
rappresentano un nuovo modello
di letteratura medica. Infatti, mentre i
Consilia
, nati a Bologna intorno alla metà del
XIII secolo ad opera del fiorentino Taddeo degli Alderotti, sono raccolte di pareri
scritti concessi da illustri medici su richiesta epistolare, le
Centuriae
presentano casi
direttamente osservati dall’autore. Nella loro esposizione Amato segue sempre ri-
gorosamente un medesimo schema: presentazione del caso, corredato molto spesso
dal nome del paziente, nonché dalla sue abitudini di vita; esposizione dei sintomi;
diagnosi con ampi riferimenti bibliografici ai precedenti autori; terapia. Questo modo
di procedere fa accostare le
Centuriae
alle raccolte delle lezioni di clinica medica,
che si affermeranno, in letteratura, molto tardivamente e non prima della seconda
metà dell’Ottocento, sostituendo progressivamente il modello
Consilia
. La ricchezza
dei casi presentati fa sì che le
Centuriae
avrebbero dovuto rappresentare un testo di
riferimento per lungo tempo ma, probabilmente il livore che Pietro Andrea Mattioli
(1501-1578) provò nei confronti di Amato, che, peraltro, aveva posto in evidenza gli
errori presenti nelle opere del senese, fece sì che l’opera di Amato fosse, almeno nella
letteratura medica italiana del XVI-XVII secolo, ben presto dimenticata.
Negli anni trascorsi a Ferrara, Amato non pubblicò nulla, forse tutto impegnato
nella ricerca anatomica e in quella clinica. Infatti la redazione delle
Centuriae
av-
viene a partire dal settembre 1547, quando il nostro dovrebbe essere già in Ancona,
per terminare nel settembre 1559 a Salonicco. Le «enarrationes» relative a pazienti
ferraresi sono tutte contenute nella
Centuria prima.
Tra i casi più interessanti quello
nella
cur. IX
, nella quale prende in considerazione
De sphalecismo depascente
, un
ascesso e una gangrena cerebrale che colpì un giovane ebreo di 27, tal Alizalain, che
morì il 4 settembre 1546. Il giovane, all’osservazione di Amato, si trovava già in
11
J
OÃO
M
ANUEL
N
UNES
T
ORRÃO
, «Amato Lusitano: entre o Index Dioscoridis (1536) e as Ena-
rrationes (1553)», in
Medicina
, XXVI, 2012, pp. 28-30. C
ARLOS
DE
M
IGUEL
M
ORA
, «Do Index às
Enarrationes», in
Ibidem
, pp.31-36.
12
A
RMANDO
T
AVARES
DE
S
OUSA
,
No quarto centenário da morte de Amato Lusitano
, Gráf de
Coimbra, Coimbra 1969.
Ebrei a Ferrara 1.indd 90
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