Ebrei a Ferrara. Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX) - page 81

Dibattito
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con estrema negatività senza considerare che il ghetto è la prima istituzione che con-
sente agli ebrei di risiedere permanentemente. Si devono quindi considerare i casi
concreti, tenendo presente che c’è il problema.
La stessa cosa vale per definire se gli ebrei sono o non sono eretici. Alcuni vo-
gliono considerare gli ebrei eretici, ma non tutti lo sono: lo è in particolare chi legge
e studia certe parti del
Talmud
che sono contrarie ai cristiani; se non si toccano o
leggono tali parti del
Talmud
, se non si ripetono quelle parti contrarie ai cristiani, non
si è ritenuti eretici. Il dibattito riguarda anche la diversità degli ebrei. Certo sono sem-
pre considerati eretici gli ebrei che aiutano chi abiura, cioè un convertito a ritornare
all’ebraismo. In tutti gli altri casi, l’ebreo non è eretico.
Non posso parlare per un’assente… il discorso dell’Inquisizione non è sufficien-
te ma certo la problematica è articolata perché vi è poi il difficile rapporto dell’Inqui-
sizione con il vescovo locale; a quale tribunale deve sottostare un ebreo che compie
un delitto che di solito è di opinione o di comportamento: civile o vescovile? questio-
ni infinite. Il vescovo cerca di avocarlo a sé perché è un delitto contro la religione,
mentre la città, il potere civile cercano di avocarlo a sé perché è un reato contro il
vivere civile tranquillamente.
Mi rifaccio a quanto detto nei giorni scorsi a Ravenna [ndr: durante il congresso
AISG] che spesso capita che la gente non legge quello che è stato scritto: una delle
fonti sottoutilizzate anche da noi medievisti sono i
Consilia
giuridici relativi a que-
stioni ebraiche, che sono moltissimi perché gli ebrei insistevano molto nel coinvol-
gere la cultura universitaria nei problemi giuridici che li riguardavano. Non voglio
riportare indietro gli studi a quando abbiamo cominciato, ma dobbiamo considerare
che ora abbiamo messo a fuoco migliori problematiche, e alcune delle fonti migliori
che attualmente abbiamo a disposizione non sono negli archivi ma nelle biblioteche,
considerando i libri dei colleghi che ci ha preceduto come delle fonti che possono
offrire elementi utili a chiarire tali problematiche emerse adesso.
P
IER
C
ESARE
I
OLY
Z
ORATTINI
– Nel mio intervento farò riferimento alla realtà che
meglio conosco, che è quella di Venezia. Il ghetto certamente rappresenta la stabi-
lizzazione nel tempo dell’insediamento ebraico sebbene le condotte continuano ad
essere promulgate anche durante l’epoca del ghetto sia per i tedeschi sia per le altre
componenti del ghetto. Nel territorio veneto non tutti gli ebrei risiedevano in ghetto:
nella terraferma veneta i ghetti erano a Venezia, Padova, Verona, Rovigo e Coneglia-
no. Tutte le altre comunità risiedevano nei territori in forza delle condotte. Fino al
momento cruciale del 1777 quando si rimettono in discussione tutti gli insediamenti
dello Stato veneziano: gli ebrei possono continuare a risiedere se già abitavano in
ghetto; nelle aree dove non c’era il ghetto, devono dimostrare il diritto d’incolato
cioè di aver goduto delle condotte continuative di una data città. In caso contrario,
devono andarsene.
Quanto alla blasfemia, come hai giustamente sottolineato, per Venezia si arti-
colava in due tipi: la blasfemia ordinaria che dal 1536 sottostava agli esecutori con-
to la bestemmia, e la blasfemia ereticale resta di pertinenza del Sant’Uffizio. Ma
attenzione: il Sant’Uffizio non era presediuto dall’inquisitore ma dal vescovo e, a
Venezia, dal nunzio apostolico. Vescovo, nunzio apostolico inquisitore per le altre
città; nunzio apostolico, inquisitore, patriarca per Venezia. Quindi c’è un conflitto di
competenze fra il foro inquisitoriale criminale e il tribunale inquisitoriale.
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ICHELE
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UZZATI
– Mi inserisco con una domanda e ritorno al tema delle tre lin-
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