88
Stefano Arieti
Più che testimone, Amato giura su D-o e sui Dieci Comandamenti per affermare
l’originalità della sua opera (il
Giuramento
è alla fine della sesta
Centuria
e ripetuto
al termine della settima, datato in Tessalonica l’anno 5319/1559) nella quale, sebbe-
ne non tralasci gli insegnamenti classici, ritiene questi passibili di critiche e revisioni,
e, benché scriva «sempre mi sono proposto di imitare Ippocrate e Galeno, padri della
medicina…
»
, si avverte nel suo approccio alla disciplina il desiderio di rompere con
un passato dominato, ancora, dal verbo ippocratico-galenico. Un altro tema etico
nuovo, introdotto nel
Giuramento,
è quello dell’eguaglianza davanti al medico di
ogni paziente, sia ricco che povero, a qualsiasi religione appartenga; scrive, infat-
ti, Amato «sempre uguali per me sono stati gli uomini di ogni religione, sia ebrei,
che cristiani o musulmani»: posizioni inimmaginabili nella coeva società cristiana.
Il tema della cura gratuita ai poveri, come obbligo imperante ritorna, anche, nella
Preghiera
di Zahalon, pubblicata nel 1665 nel
Margalioth Toboth
(
Perle Preziose
).
Sia in Amato sia in Zahalon è presente il dovere per il medico del costante aggior-
namento scientifico. Zahalon si preoccupa, poi, di definire in modo assolutamente
preciso e puntuale che il medico, anche, se consultato da un malato «la cui ora si
avvicina per male senza speranza», non ponga in essere atti «per avvicinarne la fine»,
anzi invoca che D-o gli «insegni quali medicamenti dargli per tenerlo in vita finché la
sua ora arriverà». Questi comportamenti sono certamente indici di un pensiero in cui
un’eventuale azione di eutanasia da parte del medico è completamente da escludersi:
indirizzo questo che, nella società non ebraica del tempo, non è dato per scontato se,
il cattolicissimo Tommaso Moro (1478-1535) nella sua
Utopia
(1516 ca.) e, un seco-
lo dopo, Francesco Bacone (1561-1626) nel suo
Sulla dignità e sul progresso delle
scienze
(1623) auspicavano che il medico intervenisse per abbreviare la vita in un
paziente con una patologia incurabile. Le idee di Amato su questo argomento trovano
conferma, anche, nelle
Centurie
; in più casi interviene per alleviare le sofferenze di
un paziente, sebbene sia conscio che la terapia non avrà alcun esito positivo: pare
delinearsi il concetto di cura palliativa, così presente nella nostra medicina contem-
poranea.
3
Altri temi di etica vengono affrontati nelle
Centurie
, pur non essendo presenti
nel
Giuramento
. In particolare Amato si sofferma sul rapporto interprofessionale,
quando assolve da imperizia un collega, tal Calaphurra, accusato di aver provocato
la morte della figlia di otto anni del Maestro Leone ebreo, insegnante di ebraico in
Ancona.
4
Richiama, invece, con grande determinazione l’attenzione delle autorità
verso coloro che abusivamente praticano la professione medica, come «agyrtas, cin-
cumforaneos, nuguiendulos e barbitonsores», sostenendo che nella città di Ancona
esercitavano tre dotti medici: Geronimo da Foligno, Federico Severino e Giulio Per-
gul.
5
Sull’invidia professionale ritorna anche Zahalon, quando inserisce specificata-
mente nella sua
Preghiera
un’invocazione a D-o di salvarlo «dall’odio e dalla lotta»
impedendogli di invidiare gli altri colleghi, e auspicando che fra lui e «gli altri medici
regnino l’affetto, la fraternità, la pace e l’amicizia» e che essi «non cadano in erro-
re» e lui possa fidarsi di loro, concludendo «Se mai faranno cattive azioni, sia Tua
volontà che io mi guardi dal parlarne e dal rivelare la loro vergogna e possa, invece,
rimediare alle loro malefatte».
3
Centuria V, cur. XCI.
4
Centuria II, cur. XX
( è datata Ancona 15 maggio 1550).
5
Centuria II, cur. XXIV.
Ebrei a Ferrara 1.indd 88
07/04/14 11:42