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Dibattito
gue. Mi sembra che Francesca Mattei con molta prudenza non abbia fatto riferimento
al fatto che Ferrara, dove compaiono scritte in ebraico in dipinti e facciate, era una
città di ebrei. Le due cose non vanno necessariamente insieme: sarebbe come dire
che ci sono scritte in greco perché in città ci sono dei greci. È quindi interessante
studiare la correlazione che c’è con la presenza ebraica, capire se l’ebraico dei di-
pinti e delle iscrizioni è ispirazione della cultura ebraica o di dotti cristiani. Oppure
se non vi sia il rischio, come in altri casi, che sia non tanto un incentivo alla buona
collaborazione e alla tolleranza ma che sia un ulteriore messaggio rivolto agli ebrei
perché si convertano.
A
NNA
E
SPOSITO
– Vorrei sottolineare che il carattere delle modalità processuali si
è conformato sulle posizioni dettate dall’Inquisizione, tanto che anche i processi con-
tro gli ebrei di Trento sono stati organizzati sì dal podestà come giudice, ma secondo
modalità inquisitoriali.
Procediamo a rispondere alle domande secondo l’ordine delle relazioni: prego,
dottoressa Traniello.
E
LISABETTA
T
RANIELLO
– Nella mia relazione il passaggio del Polesine a Venezia
era forzatamente vago e mi fa piacere approfondirlo durante il dibattito cercando di
evitare i luoghi comuni il cui pericolo è alto. Credo che il lungo periodo di permanen-
za sotto il governo estense (rispetto alle altre città della Terraferma veneziana), abbia
influenzato anche il rapporto con gli ebrei, perché in Terraferma è già dalla metà del
Quattrocento che gli ebrei sono espulsi dai centri urbani nel contado, da dove ave-
vano comunque rapporti con le famiglie delle città. Questo rientra comunque in una
logica di dialettica dei consigli cittadini con la Dominante, che in qualche modo si
gioca sugli ebrei perché è qualcosa sulla quale i consigli cittadini possono esercitare
una loro autonomia. È un po’ un gioco dai tre significati perché riguarda gli ebrei ma
anche viene giocata sopra la testa degli ebrei una partita che li riguarda fino a un certo
punto; è una dialettica fra centri che si trovano a essere diventati indipendenti. A Ro-
vigo questo manca, perché Rovigo non è mai stata veramente un centro indipendente
e non ha mai vantato un prestigio urbano rispetto a un dominio: è sempre stata figlia
di un altro centro, di un altro dominio che faceva pesare di essere il centro principale.
Credo che sia significativo che non si assista ad un fuggi fuggi della popolazione
ebraica dal Polesine allo scadere della condotta: la condotta viene regolarmente rin-
novata pochissimo dopo il 1482 e poi è rinnovata ancora di 10 anni in 10 anni fino
al 1551, sempre alla stessa persona, che abita sempre nella stessa casa e nello stesso
luogo, che adesso è una bella piazza con una fontana, ma dove poi è anche nato il
ghetto. È quindi una persistenza di collocazione, vicino al centro cittadino, alla piaz-
za e ai luoghi vitali, opportunamente alle vie commerciali, una zona molto adatta agli
affari: è certo un elemento di continuità.
Venezia però vuole certo cambiare questo tipo di rapporto. Quanto ai capitoli
delle condotte di Venezia, ne conosco i numeri ma non il dettaglio del contenuto
perché sto ricostruendo la filiera delle condotte rilasciate da Venezia in modo da
controllare testi e contenuti. Questa analisi porterà molti chiarimenti a seconda del
livello e del genere delle modifiche apportate, a seconda che ad esempio coinvolga
solo come va condotto il prestito, questo ha un tipo di sapore; se invece le modifiche
fossero nella libertà di praticare il culto, o quando tenere aperti i banchi secondo le
feste ebraiche, cambierebbe di parecchio il rapporto con la città. Un cambiamento si
può notare in questo senso: sotto gli Estensi, i capitoli con ebrei vengono stipulati
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