Ebrei a Ferrara. Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX) - page 106

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Laura Graziani Secchieri
818 maschi e 833 femmine, risultano vivere in 334 fuochi; i capofamiglia sono 301
uomini e 33 donne di cui 30 convivono con figli (per cui si presume che siano vedove
e/o mogli il cui marito è lontano).
Al contrario, l’impaginazione grafica del censimento del 1630 individua i fuo-
chi separandoli per mezzo di una linea che taglia orizzontalmente l’intera facciata;
in particolare, emergono in tal modo 25 nominativi di singoli, a volte affiancati da
«solo» o «sola», e 3 coppie di fratelli conviventi.
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Queste 28 entità sono nettamente
distinte sia dal nucleo che le precede sia da quello che le segue. Nella sua analisi, P.
C. Ioly Zorattini ha considerato tali individui come appartenenti al nucleo domestico
che li precede, qualificandoli tutti come componenti del fuoco pur essendo estranei
alla famiglia, ossia dozzinanti o simile. In tal modo, i fuochi individuati sono 367
con altrettanti capifamiglia (Tabella 6). Come impostazione ed esiti, questa valu-
tazione è assimilabile a quella che scaturisce dall’analisi del censimento del 1692,
seppure quella del 1630 presenti comunque una quantità di estranei inferiore per una
popolazione complessiva più alta.
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I 1719 residenti, suddivisi fra 868 maschi e 851
femmine, risultano vivere in 367 fuochi; i capofamiglia sono 317 uomini e 50 donne
di cui 45 convivono con figli (quindi si ipotizza che siano vedove e/o mogli il cui
marito è fuori città).
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La lettura del documento che mantiene separati gli individui singoli
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modifica
non poco il calcolo delle strutture familiari del ghetto nel 1630 fornito da Ioly Zo-
rattini innalzando il valore della categoria dei «solitari» composta da vedovi, celibi
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Cesare e Isaac Bassani, Vida e David Corinaldi, Aron e Salvador Forti.
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Pur non essendo presente la dizione «a dozena» che in altri casi si evidenzia, è plausibile
che parte di questi in realtà non costituisse materialmente un fuoco a sé stante ma fosse alloggiato
presso una famiglia (penso in particolare agli infermi), andando ad ingrossare le fila degli estranei
affittuari.
65
Come esempio dell’ambiguità dei censimenti riguardo alla situazione anagrafica delle figu-
re femminili di cui non si specifica l'eventuale stato vedovile, riporto la vicenda di Regina Vita, di
cui ho trattato al XXVII Congresso AISG
Strategie e normative per la conversione degli ebrei dal
medio Evo all’età contemporanea
, 30 set.-2 ott. 2013, e i cui Atti sono di prossima pubblicazione.
Dolce del fu Israel Fano vedova di Abram de Vita era stata amministratrice degli interessi della
famiglia in nome di suo figlio Iosef de Vita fino a quando, compiuti i 22 anni, il giovane ha preso
in mano la gestione patrimoniale. Questi compare sulla scena del prestito e dei commerci ferraresi
solo nel luglio 1630, quando ha sostituito la madre Dolce (ASFe,
ANAFe
, Alfonso Rippa, m. 896,
pacco 9, Protocollo 1630, cc. 213v-215r: 11 luglio 1630). Nel censimento del 1630, Dolce de Vita
risultava essere capofamiglia; conviventi con lei erano la sorella Regina Fano e due servitori, a
dimostrazione della larghezza di mezzi di cui disponeva (P. C. I
OLY
Z
ORATTINI
,
op. cit
. pag. 168).
L’anno seguente Iosef è stato chiamato ad essere commissario testamentario di suo suocero Vita
del fu Iosef de Vita: ne aveva sposato la figlia Regina e dalle nozze era nata Laura (ASFe,
ANAFe,
Mainardo Guarini, matr. 852, pacco 23, prot. 1631, cc. 6r-9r: 7 gennaio 1631; citato in P. C. I
OLY
Z
ORATTINI
,
op. cit.
, pp. 159, 181). Nell’elenco del 1630, Regina compariva come capofamiglia
insieme alla sola Laura, definita «putta» mentre non c’è traccia di Iosef (P. C. I
OLY
Z
ORATTINI
,
op.
cit
. pag. 168). La circostanza della comparsa quasi improvvisa di Iosef nella gestione degli affari
di famiglia nella seconda metà del 1630 e, per concerto, l’assenza del suo nome nel censimento
effettuato il 23 febbraio di quell’anno, mi portano ad ipotizzare che egli sia ritornato a Ferrara solo
nel secondo semestre del 1630: forse il marito era in viaggio a seguire interessi lontani. In questo
modo può essere spiegato perché Regina risulti sola con la sua piccola: non era quindi vedova, era
il marito ad essere fuori casa e fuori città durante il censimento.
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Ringrazio Alberto Pesaro e Silvia Villani che mi hanno fatto notare la struttura grafica del
censimento.
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