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Laura Graziani Secchieri
cio-economica della popolazione e, al contempo, denuncia la sua origine non ebraica
nella mancanza di attenzione nei confronti delle figure quanto meno dei Rabbini, se
non anche dei Massari della Comunità
75
.
La Tabella 5 (che riassume per il 1692 i valori delle singole vie che costituivano
il ghetto) conferma le linee di tendenza emerse nei citati studi analoghi su comuni-
tà contemporanee francesi, inglesi e venete: con un robusto 52,46% la ‘famiglia a
nucleo coniugale semplice’ (categoria 3) prevale nettamente sulle altre, seguita da
quella ‘allargata’ (categoria 4) con un solido 23,19% e dalla più debole ‘famiglia
ceppo’ (categoria 5) con il 12,19 %. Il trend è addirittura più accentuato analizzando
il valori delle due tabelle che analizzano il 1630: la ‘famiglia a nucleo coniugale sem-
plice’ raggiunge addirittura il 59,66 % (Tabella 6) e il 58,63 (Tabella 7), e distanzia
la ‘famiglia allargata’ che presenta 25,35% (Tabella 6) e 24,92% (Tabella 7) e la più
modesta ‘famiglia ceppo’ con 10,71% (Tabella 6) e 10,53 (Tabella 7).
In entrambi i censimenti e secondo le due metodologie di analisi per il 1630, nel
grafico della funzione associata i dati si dispongono secondo la ‘campana di Gauss’,
come era facile prevedere. Tali valori confutano ulteriormente il mito della famiglia
patriarcale, rafforzati in questo dalla constatazione che la densità media per fuoco si
attesta a 4,94 considerando i 334 fuochi per una popolazione totale di 1651 abitanti
nel 1692, a 4,68 se si esaminano i 367 fuochi (Tabella 6) e a 4,37 valutando i 394
fuochi per i 1719 residenti nel 1630 (Tabella7). I valori medi di abitanti per fuoco,
quindi, sono paragonabili
76
a quelli calcolati da Laslett per l’Inghilterra e inferiori
a quello individuato da A. Bruni nella parrocchia della veneziana San Salvador. La
popolazione rinchiusa nel ghetto ferrarese può essere considerata a pieno titolo come
un villaggio circondato dalla campagna, dove bastavano 2 o 3 domestici conviventi
per fare apparire quella famiglia come la più abbiente: rimane quindi confermata la
teoria proposta da Flandrin che i fuochi più numerosi fossero senz’altro più frequenti
nelle grandi città rispetto alle campagne, per la presenza di decine di servitori nelle
residenze urbane delle famiglie aristocratiche.
Affrontata una prima analisi demo-topografica del ghetto a fine Seicento che
meriterà ulteriori riflessioni, il mio interesse si è rivolto a ricercare fra i nominativi
che il censimento incolonna le celebri figure dei dottori Iacob Zahalon
77
e Isacco
Lampronti.
78
Se di quest’ultimo è nota l’abitazione in via Vignatagliata,
79
non altrettanto lo è
75
Senza alcuna pretesa di esaurire l’argomento della preminenza culturale e sociale di tali
figure, soprattutto come percepita nell’ambito dei ghetti, oltre all’ormai classico: S
TEPHANIE
S
IEG
-
MUND
,
La vita nei ghetti
, in
Storia d’Italia
, Annali 11,
Gli ebrei in Italia
, I,
Dall’alto Medioevo
all’età dei ghetti
, a cura di C. Vivanti, Einaudi, Torino 1996, pp.843-892 (845-846, 866-882), i più
recenti R. B
ONFIL
,
Rabbini e comunità,
cit., U. F
ORTIS
,
op. cit
., e
Medici rabbini. Momenti di storia
della medicina ebraica
, a cura di M. Silvera, Carocci, Roma 2012, con le relative bibliografie.
76
I valori di abitanti per fuoco sono di poco inferiori al 5 individuato da Harris per Ferrara
quale «numero medio dei membri per ogni famiglia ebraica secondo le statistiche disponibili per
le città rappresentative che ebbero un ghetto nel periodo 1516-1797 circa» senza che, peraltro,
l’autore abbia dato conto dell’origine della sua rilevazione. A. C. H
ARRIS
,
op. cit
., p. 55.
77
Iacob Zahalon è anche coprotagonista dell’intervento di Stefano Arieti in questo volume, al
quale rimando per gli approfondimenti specifici.
78
Aspetti del pensiero di Isacco Lampronti e del clima culturale ebraico a lui contemporaneo
sono indagati nel saggio di Luciano Meir Caro, in questo volume.
79
Il primo documento in cui trovo memoria della residenza dei Lampronti in tale edificio è
Ebrei a Ferrara 1.indd 108
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