Prime ricerche sulla Casa dei catecumeni di Ferrara
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vita.
27
In ultimo, la comunità ebraica di Roma venne costretta a versare ogni anno
un contributo per il mantenimento del monastero riservato alle ex-donne pubbliche.
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Anche il monastero ferrarese fu tra i primi in Italia, nel 1537, ad aprire i battenti
(il capostipite, di Roma, risaliva al 1522), ad opera di un parroco zelante. Ma subito il
duca Ercole II lo sottopose a una commissione formata dal giudice dei savi, dal vica-
rio del vescovo, da un giurista e tre esponenti delle arti, adottando un provvedimento
che non aveva precedenti in città. In tal modo, confinando in seconda linea l’autorità
ecclesiastica, egli se ne assicurò il controllo, occupando un ulteriore luogo di conte-
nimento sociale.
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Vedremo tra un attimo che la commissione preposta alla Casa per i
catecumeni ripeteva quasi esattamente quella a capo delle convertite.
6. Circa l’organigramma interno della Casa, il
Registro
settecentesco, avvalen-
dosi di documentazione ora per lo più scomparsa afferma che
fu da principio constituita [la Congregazione e Casa dei catecumeni] di sole 17 persone
con titolo di protettori, ed erano il giudice de savi, uno della signatura, un cavagliere et
altri 13 tra gentilhuomini, cittadini, mercanti, ecclesiastici e religiosi.
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Si noti che il primo posto era riservato al giudice dei savi, la più alta carica
amministrativa cittadina (paragonabile a un attuale sindaco), che aveva competenza
esclusiva sugli ebrei locali, il secondo a un consigliere della segnatura di giustizia,
che riferiva direttamente al duca, il terzo a un cavaliere. Era palese l’intento di non
lasciare varchi per l’autorità ecclesiastica, tanto che in un altro passo, già riportato,
la medesima fonte precisava che
nel principio della Casa de cattecumeni li deputati si chiamavano protettori e dell’anno
1576 tra questi vi erano monsignor Alessandro Canali canonico e vicario generale, il
signor conte Estense Tassoni Alfonso giudice de savi, il padre rettore della compagnia di
Gesù, il padre guardiano de capuccini con altri cavallieri, canonici, dottori, notari, citta-
dini et artigiani. Anzi, dello stesso anno monsignor vescovo Leoni intitolavasi (come li
altri) protettore.
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L’ultima precisazione è davvero rivelatrice (il vescovo era uno come gli altri!),
tanto più che il presule del momento era Alfonso Rossetti (non Paolo Leoni, in cat-
tedra dal 1578), creatura del duca di sperimentata fedeltà, al punto di protestarsi
27
Ibidem
, p. 37; S
HERRIL
C
OHEN
,
The evolution of women’s asylums since 1500. From refuges
for ex prostitutes to shelters for battered women
, Oxford University Press Inc., New York 1992,
p. 46.
28
Nonostante questi dati e soprattutto la profonda disamina di Todeschini appena citata,
un’allieva della professoressa Caffiero, ritiene che l’accostamento fra tali categorie «considerate
ai margini e inferiori» sia «ancora non del tutto chiarito»: A
LESSIA
L
IROSI
,
I monasteri femminili a
Roma tra XVI e XVII secolo
, Viella, Roma 2012, p. 39.
29
A
NDREA
F
AORO
, «Uno spazio e un luogo per il riscatto delle donne: Il monastero delle con-
vertite di Ferrara dalle origini all’instaurazione della clausura (1537-1599)», in
Analecta pompo-
siana
XXXXI-XXXII, 2006-2007, pp. 211-214.
30
ASDFe, CC, 2/15,
Registro di varie notizie
p. 1 § 2.
31
Ibidem
, pp. 41-42 § 127.
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