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Andrea Faoro
non trascurabile e in specie per collocare l’ente ferrarese in una nuova posizione
rispetto al panorama delle istituzioni similari.
2. Un indice dell’archivio della Casa di Ferrara, messo a punto nel 1757, ricorda
un «Libro abbecedario segnato “Nomi de’ catecumeni e neofiti 1543” che procede
fino all’anno 1701».
4
Purtroppo tale documento non è sopravvissuto, ma la sua data
d’inizio può essere messa in relazione con la bolla
Cupientes iudaeos
emanata nel
1542 da Paolo III. In effetti con quell’atto il papa aveva inteso stimolare le conver-
sioni, assicurando ai neofiti il mantenimento dei diritti ereditari e patrimoniali loro
spettanti prima del cambio di fede, nonché garantendo loro ulteriori vantaggi.
5
Il
differente trattamento riservato a quei neo-cattolici rispetto a quanti li avevano pre-
ceduti potrebbe spiegare la necessità di un apposito registro.
L’aridità del dato impedisce di apprendere chi, prima della fondazione della Ca-
sa, tenesse memoria delle conversioni, sebbene una testimonianza, che illustreremo
fra breve, indirizzi verso i membri della confraternita di San Giovanni Battista detta
di San Giovannino.
2.1 D’altro canto non può sfuggire la sincronia con un’altra iniziativa concepita
da Paolo III, cioè la fondazione, nel 1543 a Roma, di un monastero per neofite e di un
«hospitale» per neofiti, embrione quest’ultimo, sviluppatosi in breve come Casa dei
catecumeni.
6
Va sottolineato che si trattava di un istituto di tipo non nuovo, anzi, ben
collaudato, con una delle competenze peculiari delle confraternite, cioè l’assistenza.
In più è bene ricordare che esistevano confraternite anche fra gli ebrei e che pertanto
un’associazione del genere poteva fungere da strumento particolarmente funzionale
per fare proselitismo.
7
Dunque non sarebbe sorprendente che una simile missione
fosse stata assunta anche da un sodalizio come quello di San Giovannino, solito, per
quel poco che è noto, offrire ricovero ai bisognosi.
Uno stimolo in tal senso potrebbe essere giunto ai confratelli dai domenicani fer-
raresi, che li avevano ospitati «sopra il refettorio» per un certo periodo, sino al 1489
e che avevano il loro convento, comprensivo della residenza inquisitoriale, a pochi
passi dalla chiesa di San Giovannino. In effetti l’impegno conversionistico di quei
religiosi è documentato fin dal XIV secolo: varie ebree, una volta divenute cristiane,
con l’esplicito appoggio degli inquisitori pronunciarono i voti fra le domenicane del
locale monastero di Santa Caterina Martire. In considerazione di ciò, potrebbe non
essere fortuito che un’ebrea portoghese nel 1560, quando ancora non esisteva la Casa
dei catecumeni, abbia preso il velo in quel medesimo cenobio.
8
Tuttavia, poiché la
4
ASDFe, CC, 4/1,
1757. Direttorio dell’archivio de catecumeni
, p. 42.
5
P
IETRO
I
OLY
Z
ORATTINI
,
I nomi degli altri. Conversioni a Venezia e nel Friuli Veneto in
età moderna
, con prefazione di M. Massenzio, Olschki, Firenze 2008, p. 31 con bibliografia
specifica.
6
Ivi
.
7
Già Fiorani nel 1998 aveva richiamato l’attenzione sull’importanza ai fini conversio-
nistici delle confraternite (L
UIGI
F
IORANI
,
Verso la nuova città. Conversione e conversionismo
a Roma nel Cinque-Seicento
, in
Ricerche per la storia religiosa di Roma
10, 1998, specie pp.
110-114 e 173-176), ma quelle osservazioni sembrano rimaste piuttosto in ombra negli studi
successivi.
8
M
ARCO
A
NTONIO
G
UARINI
,
Compendio historico dell’origine, accrescimento e prerogative
delle chiese e luoghi pii della città e diocesi di Ferrara
, presso gli heredi di Vittorio Baldini, in
Ebrei a Ferrara 1.indd 220
07/04/14 11:42