Ebrei a Ferrara. Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX) - page 214

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Luciano Meir Caro
volta lo
Zòhar
(testo fondamentale della mistica ebraica) con un atteggiamento non
dichiaratamente ostile nei confronti della
kabalà.
Anche se occorre precisare che la diffusione della
kabalà
nel contesto italiano
del sec. XVIII è ancora oggetto di approfondimento, è nota la polemica che, a propo-
sito dello studio della mistica, ha interessato l’Italia soprattutto attorno alle dottrine
sostenute dal rav padovano Moshè Haim Luzzatto (1707-1747). È risaputo quanto
la predicazione di Shabetai Zevì (1626-1676), pseudo-messia nato a Smirne, nono-
stante la ferma opposizione delle autorità rabbiniche ortodosse, abbia fortemente in-
fluenzato gran parte del mondo ebraico suscitando spasmodiche attese dell’avvento
dell’era messianica preconizzata per il 1666. Dopo lo sbigottimento seguito al ‘tradi-
mento’ di Shabetai che finì per rinnegare le proprie idee causando notevole delusione
in quanti in lui avevano creduto, ci fu chi, esaltato dal parossismo messianico che
aveva interessato le masse, continuò a prestar fede a illusorie affermazioni accompa-
gnate da fantasiose leggende sorte attorno alla figura dello Zevì. Si tratta di gruppi
denominati ‘Sabbatiani’ che ebbero ramificazioni anche in Italia. Sorsero qua e là
movimenti messianici che incontrarono forti critiche da parte di molti rabbini. Tra
quanti si segnalarono per gli studi mistici ci fu in particolare la tormentata figura di
Moshè Luzzatto (noto con l’acronimo
Ramhal
). Immerso fin da giovane negli studi
cabalistici e dotato di grande carisma, si andò persuadendo di essere ispirato da una
presenza celeste. Attorno a lui si raccolse una cerchia per l’approfondimento dello
Zòhar
comprendente allievi ed estimatori tra i quali si diffuse il convincimento che il
Maestro fosse il sospirato Messia.
Osteggiato dal rabbinato ufficiale,
Ramhal
dovette sottoscrivere l’impegno a non
diffondere le sue dottrine. Allorché cercò di svincolarsene intervennero i rabbini di
Venezia con la ‘scomunica’ (1734).
Fatto oggetto di palese ostracismo, riparò ad Amsterdam e successivamente, in
Palestina dove, poco dopo il suo arrivo, fu colpito dalla peste e morì. Ma piccoli
gruppi di seguaci dello pseudo-messia Zevì e di discepoli del Luzzatto continuarono
a professare idee mistiche alimentate da affascinanti leggende che circolavano su
queste due figure.
È opportuno ricordare che oggi
Ramhal
è oggetto di riabilitazione anche per il
valore delle sue opere nel campo dell’etica e della poesia.
L’interesse per la mistica in Italia successivamente si attenuò, ma non si spense
del tutto.
Profeti e mistici erranti continuarono a predicare, anche se in forma riservata, la
certezza dell’approssimarsi dell’era messianica. La quasi totalità dei rabbini condan-
nò drasticamente ogni forma di adesione a movimenti ispirati da tali predicazioni. È
del 1713 la scomunica pronunciata dai rabbini italiani contro Nehemià Hajug, sedi-
cente messia e considerato un impostore.
Per altro, alcuni rabbini, anche molto conosciuti, erano sospettati di coltivare
segretamente dottrine messianiche alimentate specialmente da studiosi che avevano
frequenti rapporti con le accademie palestinesi.
Basti qui ricordare Immanuel Hai Ricchi (1688-1743) di Cento.
Tra i più vivaci oppositori nei confronti delle dottrine mistiche si distinsero i
rabbini di Venezia. In particolare sulla figura di Luzzatto si è scatenata una polemica
che ha visto protagonisti importanti personalità di Padova che per il Luzzatto nutri-
vano molta considerazione, anche perché affascinati dall’eleganza, dalla profondità
e dalla raffinatezza dei sui scritti. Viceversa i rabbini di Venezia definivano Padova,
città «vicina al
hillul
» vale a dire alla ‘profanazione del Nome divino’.
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