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Luca Baraldi
cessità di preservare la luce della verità. Un atteggiamento difensivo, e un atteggia-
mento costruttivo, entrambi supportati dall’intervento di Dio che, dopo aver punito
il mondo, fornisce al popolo eletto gli strumenti per potersi difendere dal male come
condizione naturale. La condizione elettiva travalica, nelle parole di Dato, i limiti
della riflessione religiosa o della controversia dottrinale, ma viene rivendicata, da
Dio, anche di fronte ai re della Terra.
ora voi re mondani che inteso avete questo precetto
che ha comandato Iddio a questo suo (
Mashiakh
) considerate bene qual sia
la qualità de questo
Mashiakh
e se è come dicete voi di lui o no
e voi giudici de la terra siate ammoniti da mo inante de fare
vero giudicio sopra la qualità di questo
Mashiakh
[…]
Dato, attraverso l’intervento diretto di Dio, parla ai re mondani, invitandoli a
guardarsi dai falsi giudizi, dalle valutazioni ingannevoli, a favore del riconoscimento
della naturale gerarchia che regola – o che dovrebbe regolare – gli equilibri del co-
smo. Il discorso sulla natura messianica, tuttavia, si spinge ben oltre un tema larga-
mente dibattuto nell’intero corso della produzione filosofica e cabbalistica ebraica: i
re mondani non devono solo riconoscere il Messia, ma devono riconoscere la gran-
dezza del popolo d’Israele.
Et oltra questo lasciate
de offendere più il (suo) popolo eletto il quale è puro e sincero
ne la sua
‘emunah
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ma basciatelo e accarezzatelo acciò che non si adira
con voi Iddio di questo popolo così puro e perfetto.
Non sappiamo, allo stato attuale della ricerca, se Dato conoscesse i cambiamenti
radicali introdotti dalla
qabbalah
luriana, ma conosciamo il suo periodo di discepo-
lato al seguito di Mosheh Cordovero, a Safed, in Galilea. Sappiamo che la sua conce-
zione della mistica ebraica, o della gnoseologia mistica, aveva recepito le istanze di
cambiamento che si stavano animando nelle scuole mediorientali, che riassegnavano
al popolo ebraico – e non solo ai suoi carismatici – un ruolo fondamentale nella ri-
conversione del cosmo, al fine della sua guarigione. Sappiamo, fin dalle sue prime
opere, che la tensione messianica e il fermento misticheggiante rappresentavano, in
ogni forma espressiva, i temi portanti della sua riflessione. Dalle opere a tema mes-
sianico ai commentari biblici, dai componimenti poetici all’omiletica, il superamento
dei limiti ordinari dell’esistenza e della conoscenza definisce la strada per il ripristino
della condizione elettiva del popolo d’Israele.
Parlare di ebraismo ferrarese significa interrogarsi sulle forme e sulle declina-
zioni di pensieri che, in una condizione di relativa tolleranza, ritrovavano la propria
forza, la propria capacità determinante di perseguire, attraverso la prassi, la ricom-
posizione di una condizione perduta. L’analisi della storia della tipografia ferrarese
mostra senza eccessive dissimulazioni la centralità del tema dell’esilio, della reden-
zione, del messianismo. L’inquietudine che pervadeva le comunità degli ebrei della
capitale estense rappresentava un terreno fertile di attecchimento dei fermenti che,
nel Mediterraneo, stavano progressivamente prendendo forza. Il caso di Mordekhay
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Fede.
Ebrei a Ferrara 1.indd 210
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