Fermenti kabalistici nella Ferrara di Isacco Lampronti
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particolare attorno a Lampronti e alla sua scuola. È stato anche notato che, contra-
riamente a quanto accadeva per altre comunità, da Venezia raramente giungevano al
rabbinato di Ferrara richieste di pareri e che, quando queste pervenivano, spesso non
ricevevano risposta.
C’è chi ipotizza che i sospetti manifestati dai rabbini veneziani sulla scuola di
Ferrara, siano stati una delle cause che hanno indotto i membri dell’accademia della
città estense, che faceva capo a Lampronti, a non prendere apertamente le difese del
Ramhal
. Non irrilevante poi il fatto che della stessa accademia faceva parte Mordehai
Zahalon forte oppositore della
kabalà
.
Nel clima che si era determinato si ricorda che Isacco Lampronti aveva promos-
so l’iniziativa di pubblicare un periodico su questioni rituali dal titolo
Bikurè katzir
(
Primizie di mietitura
).
Orbene, all’uscita del secondo numero della rivista, rav Zahalon dette inizio ad
una pesante polemica contro il circolo culturale ispirato da Lampronti.
A questi contestava, tra l’altro, l’attribuzione di
Rav colel
, titolo corrispondente
all’incirca a Rabbino Capo, conferitogli dal già rammentato Shemuel Halevi, caba-
lista di Safed.
Non mancavano quindi le polemiche tra i rabbini di Venezia e quelli di Ferrara e
anche tra gli stessi rabbini di Ferrara. Se ne percepisce un’eco dalle decisioni rituali
assunte dal tribunale rabbinico locale relativamente a problemi di levirato esaminati
a Cento, Lugo e Finale. Nelle sentenze del tribunale dal 1710 al 1717 Isacco Lam-
pronti compare tra i giudici firmatari. Dal 1720 al 1731 vi figura solo come giudice
aggiunto.
Si era così di fatto determinata anche tra i rabbini di Ferrara una sorta di frattura
interna.
È opportuno proporre qui una vicenda che suscitò nel periodo in esame grande
scalpore: la conversione al cattolicesimo del succitato Nehemià Cohen, avvenuta
nel 1735. In realtà c’è chi esprime dubbi sul fatto che si trattasse dello studioso che
aveva firmato la richiesta a
Ramhal
di astenersi dal diffondere le sue opere. Infatti in
quel periodo a Ferrara operavano in campo ebraico ben tre persone che portavano lo
stesso nome.
Comunque, se si trattava dello stesso Nehemia che faceva parte del rabbinato
di Ferrara, la sua conversione sarebbe avvenuta sia per motivi di controversie per-
sonali con alcuni colleghi, sia per le pressioni di esponenti cattolici che da tempo si
dedicavano allo studio della mistica ebraica, strumentalizzandone i testi per dimo-
strare la superiorità della dottrina cristiana. Nehemia Cohen, di carattere facilmente
influenzabile, era stato oggetto di ‘attenzioni’ particolari da parte di esponenti della
Chiesa che operavano come missionari con la collaborazione di ebrei convertiti al
cattolicesimo.
I rabbini del tempo tentarono di far dimenticare quanto prima la dolorosa vicen-
da, attenuandone il clamore.
In questo clima si sarebbe verificata, col trascorrere degli anni, una svolta nell’at-
teggiamento di Isacco Lampronti verso la
kabalà.
Forse colpito dalla conversione del
Cohen che con lui aveva fatto parte del Tribunale rabbinico di Ferrara, si rese conto
dei pericoli insiti in talune affermazioni della dottrina mistica usate con disinvoltura
dai missionari cattolici e pertanto ridimensionò la sua simpatia per la
kabalà
.
Di ciò si può trovare traccia in taluni passi del
Pàchad Izchak
dove, ad esempio,
nel lemma
ghilgul
(metempsicosi), afferma: «Sul tema della trasmigrazione delle
anime non esiste nella letteratura biblica alcun cenno». E nel lemma z
òhar
riporta
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