Ebrei a Ferrara. Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX) - page 42

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Elisabetta Traniello
Il banco di Rovigo è quello la cui gestione si sintetizza più facilmente di tutte:
dalla prima condotta fino al 1551 esso fu ininterrottamente gestito dalla famiglia
Finzi, letteralmente di padre in figlio. Si tratta di una continuità credo abbastan-
za significativa di un equilibrio fra rendita del banco (non troppa da sollecitare
volontà di espansione/trasferimento in altre piazze; non troppo poca da obbligare
alla ricerca di soluzioni migliori), contesto sociale cittadino e prossimità con centri
significativi per la vita ebraica (Ferrara e Padova). Rovigo, come si vedrà, costituì
un buon punto d’appoggio per un vasto
network
, che coinvolgeva centri urbani assai
più significativi.
I nuclei ebraici che si stabilirono nel Polesine di Rovigo per un periodo di una
certa durata sono in sostanza due: il primo e più continuativo fu senz’altro quello in-
cardinato sul ramo della famiglia Finzi discendente da Gaio di Musetto di Musettino
(inizialmente associato agli eredi di Musetto di Aleuccio da Perugia/da Bologna); il
secondo, importante per il suo solido nesso con Ferrara fu quello che resse il banco
di Badia Polesine nei primi trent’anni del Quattrocento. In questo studio cercherò di
seguire ed evidenziare la tessitura delle correlazioni che innervavano i rapporti fra i
centri periferici a nord del Po e il contesto della capitale estense e delle altre realtà
urbane o semi-urbane del ducato.
2. Sinagoghe e case: un reticolo sovracittadino
Nell’indagare
network
societari e compagini familiari le sabbie mobili dell’ono-
mastica e della genealogia infinita sono particolarmente insidiose. Ho scelto perciò
di circoscrivere il campo di azione seguendo a mo’ di filo conduttore le vicende, ben
note sul piano delle azioni giuridiche, di quella piccola folla di personaggi che fu
interessata ai passaggi di proprietà degli edifici che a Ferrara formavano il «banco
dei Sabbioni» con l’annessa sinagoga. Non entrerò nel merito del significato reli-
gioso e comunitario profondo degli edifici cultuali, già ampiamente indagato da ben
più autorevoli studiosi, tuttavia è possibile che lo svolgersi di questi negozi, che
nel tempo toccò un’estesa platea di soggetti, avesse contribuito a creare un investi-
mento, un’affezione, una cura particolare verso il luogo religioso che oltrepassava
le mura della città in cui esso si trovava. Le relazioni che si intrecciarono in via dei
Sabbioni potrebbero essere state contrassegnate da una densità particolare proprio a
causa del loro riguardare, al di là del banco di prestito, la casa di preghiera o «scola»
della città.
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mone da Sessa Aurunca. V’è poco spazio, in questo lavoro, per sviluppare la sua vicenda, tuttavia
dopo la morte del marito e molte peregrinazioni, Ricca tornò a Ferrara, forse per riavvicinarsi alle
zone e al contesto familiare d’origine. Si veda E
LISABETH
B
ORGOLOTTO
,
Les Juifs à Florence au
temps de Cosme l’Ancien, 1437-1464: une histoire économique et sociale du judaïsme toscan
, tesi
di dottorato, Università di Montpellier, 2009. E
ADEM
, «Mele di Salomone da Sessa: un banchiere
campano nella Firenze di metà del Quattrocento», in
Annali dell’Istituto italiano per gli studi sto-
rici
, XVII, 2000, pp. 143-168.
13
Per un inquadramento del tema: A
RIEL
T
OAFF
,
Il vino e la carne. Una comunità ebraica nel
Medioevo
, Bologna 1989, pp. 109-127. Per la sinagoga ferrarese, nella quale si trovava anche il
mikveh
, si vedano le indicazioni alla nota 10, e L
AURA
G
RAZIANI
S
ECCHIERI
,
Ebrei italiani, askenaziti
e sefarditi a Ferrara: un’analisi topografica dell’insediamento e delle sue trasformazioni (secoli
XIII-XVI)
, in
Gli ebrei nello Stato della Chiesa
, cit., pp. 163-190.
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