Banchieri ebrei toscani a Ferrara nella prima metà del Quattrocento: i da Terracina
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primavera del 1447, come si è visto, costituì, con lo zio e con Salomone da Norcia o
Norsa una società per la gestione del banco della Ripa, di cui fu cassiere.
Il primo marzo 1449 risultava indebitato di ben 1000 fiorini con il celebre me-
dico Elia di Sabato da Fermo
54
e il 4 maggio 1449 donò, però soltanto
causa mortis
,
a suo figlio Abramo, ancora pupillo, tutto il capitale di cui poteva disporre nel banco
della Ripa e a Ferrara in genere: dichiarava infatti di voler lasciare Ferrara per trasfe-
rirsi in Toscana.
55
In effetti Mosé era stato nominato socio del banco di Prato fin dal 23 gennaio
1448 da un suo cugino, Jacob di Salomone di Buonaventura, che aveva ottenuto la
condotta il 7 maggio 1444.
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I membri della famiglia da Terracina che Buonaventura di Buonaventura aveva
chiamato a Ferrara lasciarono così la città prima ancora di lui.
In sostanza intorno alla metà degli anni Cinquanta e dopo circa un trentennio di
permanenza, i da Terracina uscivano completamente dalla scena ferrarese, dalla qua-
le presumibilmente ritirarono, se ancora ne avevano, tutti i loro capitali.
Una piccola traccia del loro soggiorno ferrarese che ancora sopravvisse per qual-
che decennio venne cancellata prima della fine del XV secolo.
Nel corso del 1491, infatti, Abramo di Buonaventura di Buonaventura e suo cu-
gino Mosé di Abramo di Buonaventura si rifecero vivi a Ferrara, dalla Toscana, per
muover causa agli eredi di Salomone da Norcia o Norsa, Manuele, Elia e Simone di
Noé di Salomone. I due da Terracina
vel
da Prato rivendicavano i loro diritti su una
casa in contrada di San Paolo, sulla via Grande, forse la sede del banco della Ripa.
La controversia si risolse con il pagamento da parte dei Norsa della modesta somma
di 70 ducati.
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8. Concludendo, la vicenda di alcuni esponenti della famiglia da Terracina
vel
da Prato installati nella città estense ben si attaglia all’assunto dal quale ha preso le
mosse questo convegno:
Ebrei a Ferrara Ebrei di Ferrara
.
L’insediamento ebraico ferrarese del Quattrocento, come quello di ogni altra
località dell’Italia centro-settentrionale, non è stato costituito soltanto da famiglie
che, generazione dopo generazione, si sono trattenute in città (
Ebrei di Ferrara
),
ma è stato caratterizzato, forse più di quanto di solito non si creda, da nuclei fami-
liari che, dopo soggiorni più o meno lunghi, sono scomparsi dall’orizzonte cittadino
(
Ebrei a Ferrara
).
Non è mai stata in discussione la circostanza che l’ebraismo del centro-nord
italiano (e, forse, di alcune aree contermini) sia stato, per così dire, un sistema di vasi
comunicanti: troppe sono infatti le evidenze di una continua circolazione di capitali
che andavano ad alimentare, in decine di località diverse, quelle attività creditizie che
costituivano la principale ragion d’essere degli insediamenti ebraici.
Elemento organico di questa circolazione di capitali erano poi, grazie alle doti
(ma anche con la finalità di evitare una eccessiva endogamia familiare), quegli scam-
bi matrimoniali intercittadini e interregionali che indussero una estrema mobilità nel-
la parte femminile della popolazione ebraica.
54
Ibidem
, n. 514, p. 187; e cfr. anche n. 521, p. 192, del 13 gennaio 1450.
55
Ibidem
, n. 516, p. 188.
56
ASFi,
Capitoli
, Appendice, n. 29, c. 59r.
57
A. F
RANCESCHINI
,
op. cit.,
nn. 1289 e 1290, p. 436, dell’11 e 15 febbraio 1491.
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