Ebrei a Ferrara. Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX) - page 258

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Agnese Faccini – Mauro Perani
sono, in primo luogo, dettati dalla materia oggetto di questo studio (gli epitaffi in
ebraico) e, in secondo luogo, dal cattivo stato di conservazione delle epigrafi escluse,
che le rende parzialmente e/o totalmente illeggibili e, pertanto, indecifrabili.
I frammenti di stele funerarie ebraiche riusate nella colonna di Borso d’Este
Al fine di fornire un quadro più completo del materiale lapideo ebraico esistente
in Ferrara e, probabilmente, proveniente da precedenti cimiteri di cui oggi non rima-
ne traccia, si sono volute inserire anche le iscrizioni delle lapidi ebraiche riutilizzate
all’interno della colonna di Borso d’Este e le epigrafi di una lapide e di un cippo
marmoreo conservati nel Museo Ebraico di Ferrara.
La colonna di Borso è posta a sinistra dell’ingresso dell’antica corte ducale,
davanti al Palazzo municipale di Ferrara, e a fianco della colonna che sorregge la
statua di Nicolò III d’Este. Quella che vediamo noi oggi non è la colonna origina-
ria, eretta nel XVI secolo, ma una ricostruzione del 1719, successiva all’incendio
del 1716, durante il quale la colonna fu irrimediabilmente danneggiata. Da testimo-
nianze dell’epoca, portate alla luce da una ricerca condotta dallo studioso ferrarese
Adriano Franceschini, si sono potute desumere diverse notizie relative a quello che
fu il procedimento di ricostruzione della colonna e ai nomi di coloro che ne furono
artefici.
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Non si sono, invece, trovati documenti che riportino le vicende inerenti
all’acquisizione delle lapidi ebraiche poi impiegate come materiale da costruzione,
fatta eccezione per un’unica fonte attendibile, il cronachista Nicolò Baruffaldi, che fu
testimone dei fatti: egli racconta di come, per ordine del marchese Francesco Sacrati,
il 24 novembre 1718 le autorità civiche acquistarono dalla Comunità israelitica molte
pietre sepolcrali prelevate dai due cimiteri ebraici, per poter ricomporre la colonna
del duca Borso, danneggiata dall’incendio del dicembre del 1716.
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Ciò che resta
impossibile precisare è quali fossero i due cimiteri ai quali il Baruffaldi fa riferimen-
to nella sua cronaca, sebbene si possa supporre si sia trattato dei luoghi di sepoltura
menzionati, nell’area di via Arianuova per i sefarditi e nel quadrante più settentrio-
nale della città per gli ebrei ‘locali’. Resta, inoltre, sconosciuto come le lapidi furono
effettivamente acquisite dalle autorità ebraiche e a quanto ammontava il prezzo di
vendita, non essendovi ulteriori testimonianze, né documenti contabili.
Sia la ricostruzione, sia le vicende successive ad essa sono state descritte da Pao-
lo Ravenna nel volume
Le lapidi ebraiche nella colonna di Borso d’Este a Ferrara
Gabriele Corbo Editore, apparso a Ferrara nel 2003 – e non si riprendono in questa
sede. Si è preferito, piuttosto, inserire e rivedere la traduzione, eseguita da Daniel
Carpi, delle iscrizioni presenti sulle lapidi che furono riutilizzate e che possiamo oggi
leggere grazie al fortuito ritrovamento di diciannove fotografie (di cui una è perduta)
in bianco e nero, scattate durante i restauri del 1960 e pubblicate dal Ravenna. Solo
grazie a questa eccezionale testimonianza, è possibile vedere 36 frammenti marmorei
(dei 38 originari) delle lapidi in ebraico, alcune delle quali ornate di stemmi e basso-
rilievi; di esse, la più antica risale all’anno 1557, mentre la più recente è del 1680. Al
termine dei lavori di restauro del 1960, le lapidi vennero, infatti, incredibilmente e ir-
rimediabilmente rovinate, reinserite all’interno del monumento, raschiate e incollate
25 
ASCFe, Sezione Finanziaria, sec. XVIII, Buste 185 e c. 643.
26 
BCAFe, Mss. Coll. Antonelli, n. 594: N
ICOLÒ
B
ARUFFALDI
,
Annali
, pp. 270 e 272.
Ebrei a Ferrara 2.indd 258
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