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Laura Graziani Secchieri
rite casualmente in scavi eseguiti al di fuori dell’area cimiteriale a quelle del cimitero
sefardita, dalle lapidi riusate per formare la colonna che regge il monumento a Borso
d’Este di fronte al Duomo di Ferrara, a quelle dell’attuale cimitero di via delle Vigne.
Del resto, la comunità culturale ha compreso da tempo quanto sia importante lo stu-
dio di riti, ideologie e miti della morte nell’ebraismo e di come i cimiteri ebraici in
generale, e quelli italiani in particolare, costituiscano una miniera di dati per la loro
storia e con i loro epitaffi. Si tratta di informazioni relative alle relazioni parentali dei
defunti e alle circostanze della loro morte, di grande utilità per la ricerca genealogica.
Inoltre, le epigrafi funerarie ebraiche costituiscono una preziosa raccolta di poemi:
M. Perani ritiene che gli epitaffi in ebraico siano «un vero
diwan
di composizioni
poetiche in rima e ritmo, specialmente a partire dal barocco del Seicento, ma che si
prolunga anche per i secoli XVIII e XIX».
I datati ma non superati approfondimenti su Ciro Contini o sullo scultore Arri-
go Minerbi
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sembrano essere stati esclusi dalla storiografia ebraica perché l’esa-
me della loro produzione professionale e artistica li individua come ‘ingegnere
ebreo’ – e non ‘ebreo ingegnere’– l’uno e come ‘scultore ebreo’ – e non ‘ebreo
scultore’– l’altro, secondo una visione che settorializza gli studi. Ma se non sempre
la matrice religiosa è stata radice dell’espressione professionale e artistica, sempre
lo è stata delle vicende personali e umane, delle decisioni di vita che solo in parte e
solo in alcuni casi – quasi fosse un riflesso, incidentalmente, come concausa – han-
no coinvolto le decisioni professionali e artistiche: il piano regolatore di Contini
sarebbe stato progettato in altri termini se egli fosse stato protestante o mormone?
Minerbi si sarebbe espresso artisticamente in modo diverso se egli avesse pratica-
to l’anglicanesimo o l’ateismo? Probabilmente no, ma le loro scelte di vita sono
state strettamente determinate, dettate dalla contingenza politica. I contributi di K.
Ambrogio e L. Scardino offrono in tal senso una lettura di particolare innovazione
e spessore. Dopo avere inquadrato la figura di Ciro Contini e il suo ruolo nella
cultura ferrarese facendo il punto sugli studi che si sono fino ad ora interessati del-
la sua produzione professionale, nella seconda sezione del suo contributo Keoma
Ambrogio ha focalizzato l’attenzione sulla redazione del piano regolatore per la
città di Ferrara, elaborato in due tempi tra il 1911 e il 1926. In particolare, rispetto
ad altri studi già condotti, l’autore ha messo a fuoco l’aggiornamento di Contini nei
confronti delle contemporanee riflessioni e prassi pianificatorie che avrebbero por-
tato, in quegli stessi anni, alla fondazione della disciplina urbanistica, soprattutto
nel rapporto tra nuova edilizia e città antica. L’attenzione dell’autore ha puntato a
cogliere il livello di aggiornamento tecnico di Contini rispetto ad altre esperienze
italiane ed europee che possono averlo influenzato o almeno interessato, con un
confronto d’obbligo con i protagonisti della pianificazione fascista e la centrale
figura di Gustavo Giovannoni.
La relazione di Lucio Scardino è stata vivacissima nei toni e provocatoria nei
contenuti e il testo scritto, pur più contenuto, mantiene la medesima
verve
incisiva.
Tratteggiando le vicende personali dello scultore Arrigo Minerbi, lo storico ne ha
analizzato la formazione e la produzione artistica. Scardino ha posto l’attenzione in
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Altrettanto vale per Lina Ascoli, Luisa Bemporad, Anita Cavalieri, Ester Finzi e Isa Magrini
Ascoli.
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a
Biennale donna – 1990. Presenze femminili nella vita artistica a Ferrara tra Ottocento
e Novecento
, catalogo della mostra a cura di A. M. Fioravanti Baraldi – F. Mellone, Liberty House,
Ferrara 1990.
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