«Vecchie città ed edilizia nuova», il contributo di Ciro Contini (1873-1952)
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non sempre si riconosce una volontà totalmente personale, quanto la scelta di ottene-
re il risultato più congeniale per ottemperare a ‘vincoli’ che vengono da altri. Andreb-
bero, in tal senso, indagati gli archivi della
Ferrariae Decus
o del fondo Ricci alla
Classense di Ravenna, per capire se la Soprintendenza o gli ispettori abbiano avuto
un ruolo in alcune scelte del piano, visto che non si rileva un vero e proprio scontro,
tra questi ultimi e Contini, a colpi di decreti di tutela, ma solo puntuali e selettivi
impedimenti da un lato e timidi sventramenti e isolamenti dall’altro.
D’altro canto, una redazione lunga 24 anni presuppone che un progettista re-
visioni le proprie idee iniziali e operi scelte anche differenti e questo, a parte per la
piazza del Mercato, non traspare. Anzi, la relazione del 1926 e, soprattutto, la tardiva
e autonoma pubblicazione del 1937, come già osserva Fiocchi
47
, denotano una forte
convinzione delle proprie, prime, idee; senza accettare un qualche aggiornamento.
Ad esempio, è forse un errore tecnico che il piano del 1926 confermi certe linee di
indirizzo fortemente incentrate sulle aree commerciali, senza rendersi conto che la
situazione economica sia così profondamente cambiata. Ammesso che non gli sia
imposto e che i suoi indirizzi siano semplice espressione della visione politica di un
governo che credeva fermamente di rivitalizzare Ferrara e il suo territorio e indiriz-
zarla verso una nuova industrializzazione legata all’agricoltura.
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Ma questo atteg-
giamento non si addice molto al personaggio, capace e convinto sostenitore delle
proprie idee, anche contro la committenza pubblica.
La tardiva pubblicazione della relazione nel 1937, per stessa ammissione di Con-
tini, ha lo scopo di contribuire alla discussione, in quegli anni così vitale, sull’urbani-
stica in Italia. Ma esce a sei anni dal fondamentale
Vecchie città ed edilizia nuova
di
Giovannoni, dal quale non dimostra di avere recepito alcun aggiornamento.
Se Contini sul piano architettonico è un innovatore, come più volte segnala Scar-
dino nei suoi scritti, perché sa essere un osservatore oltre confine e sa introdurre, me-
diando con la propria cultura padana, una composizione libera dagli schemi attardati
e stantii, intrisi di storicismo tardo ottocentesco; in campo urbanistico dimostra di
non essere altrettanto aggiornato o forse i suoi modelli – Torino, tra Francia e Austria,
e la Bologna della sua formazione giovanile – non sono poi così moderni. Risulta
assai probabile che Contini conosca, per vicinanza, le battaglie di Rubbiani contro il
piano generale di Bologna, pubblicate ben prima del suo primo incarico. E allo stesso
modo, nel corso della seconda redazione, vivendo a Roma non può non avere vissuto
le discussioni a tema urbanistico sui Fori, su via della Conciliazione e sull’Augusteo,
che tanto hanno coinvolto Giovannoni e gli urbanisti del regime. Ma di tutto questo
non v’è traccia, non vi è alcuna riflessione sulle più aggiornate tendenze all’interven-
to sui centri antichi.
Se il nostro obiettivo era analizzare la valenza del piano per Ferrara nell’ambito
nazionale, la sua mancata applicazione nelle operazioni sopra descritte rende im-
possibile dare un giudizio. Unica possibilità, quella di valutare l’atteggiamento di
Contini, che è quello di uomo fermo nelle sue idee, libero da schemi nell’approccio,
attento analista dello stato di fatto, misurato e realista nelle proposte di intervento.
47
F. F
IOCCHI
,
Ciro Contini urbanista
, cit., p. 55.
48
Si veda in tal senso l’operazione di rifondazione di Tresigallo, a cura del ministro all’agri-
coltura Rossoni che è più un manifesto politico destinato a fallire che un’operazione di rilancio
economico supportata da una concreta progettualità e da una copertura finanziaria adeguata.
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