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Keoma Ambrogio
servazioni sull’attitudine professionale dell’ingegnere e sul suo approccio all’ur-
banistica.
Senza dubbio resta invariata l’opinione che la storiografia ha sempre avanzato
di un’influenza determinante delle sue scelte operative sul futuro sviluppo della
città, in particolare per quanto riguarda le aree a più bassa o nulla edificazione (co-
me la zona di Arianuova, della ex Piazza d’Armi, ma anche di molte zone esterne).
Questo perché Contini ha saputo trarre spunto dall’impossibilità di abbattere le mu-
ra (seppure a malincuore a nostro parere) per ridimensionare la tipica prospettiva
grandiosa e sproporzionata dei piani di inizio secolo italiani, contenendo le aree di
sviluppo e raccordandole correttamente con le matrici viarie già esistenti e conso-
lidate. Nonostante la vera concretizzazione di questa linea di indirizzo possa rag-
giungere un buon livello solo nel corso della ricostruzione post-bellica, le soluzioni
di Contini segneranno profondamente il lavoro di Carlo Savonuzzi (1897-1973)
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e
degli altri professionisti coinvolti nella nuova pianificazione degli anni Quaranta e
Cinquanta del Novecento.
Diversamente, la tardiva approvazione del piano e lo scoppio della guerra sa-
ranno negativi per quanto riguarda l’applicazione degli interventi di ‘miglioramen-
to’ del congestionato e stratificato tessuto edilizio storico, che non vedranno la luce
se non in rarissimi casi. Le sue scelte non hanno saputo essere altrettanto moderne
di quelle per le nuove aree e, pertanto, sono state fagocitate dalla crisi economica
successiva al primo conflitto mondiale, che ha impedito uno sviluppo industriale
e commerciale di Ferrara e sono poi state annullate dal dibattito sui centri storici
e dagli sviluppi della disciplina del restauro che hanno caratterizzato gli anni post
Seconda Guerra Mondiale. Le sue proposte di sventramenti e isolamenti erano trop-
po legate a una urbanistica
fin de siècle
e borghese che vedeva nello sviluppo del
commercio la rinascita dei centri storici. Uno sviluppo che nella vicina Bologna
poté concretizzarsi (negli esempi di via Indipendenza o di via Rizzoli) per il ruolo
nodale che la città ha acquisito con la linea ferroviaria ma che, in un contesto così
depresso come quello della città estense, si arrestò definitivamente con il grande
conflitto mondiale.
Contini denota un’attenzione alle preesistenze storiche e di interesse culturale
più connessa alle ragioni del pittoresco e del valore artistico che a quelle della
tutela modernamente intesa. Si veda la soluzione prospettata per Casa Cini che
nel 1913 poteva ancora essere comprensibile ma riproposta nel 1926 è ormai retro-
datata e inattuale rispetto alle proposte di Giovannoni e allo sviluppo del restauro
scientifico.
Certo, si può riconoscere una profonda cautela, le sue proposte non sono mai ec-
cessive (a parte i Teatini che non erano però parte del piano) e si prospettano piuttosto
piccoli sventramenti selettivi che ampie demolizioni, cercando sempre di rimuovere
situazioni di forte degrado e di minore valenza edilizia. Non siamo ai livelli del con-
cetto di diradamento edilizio proposto da Giovannoni, ma non possiamo nemmeno
parlare di devastanti sventramenti, come in altri piani coevi alla redazione del 1913.
A leggere tra le righe nelle relazioni di Contini, soprattutto le note introduttive,
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Carlo Savonuzzi è ingegnere capo del comune di Ferrara dal 1946 fino al 1962 (data del suo
pensionamento) e oltre ai molteplici e noti interventi coordina i lavori per il piano di ricostruzione
tra il 1946 e il 1958, con la collaborazione di Terenzio Poletto, Enrico Alessandri, Orlando Vero-
nese e la consulenza, dal 1949, di Giovanni Michelucci. A. F
ARINELLI
T
OSELLI
,
op. cit.
, p. 99-101.
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