Oltre le Mura. Arrigo Minerbi (1881-1960), scultore ebreo ferrarese tra Vittoriale e Vaticano
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scultore ferrarese, attivissimo come artista su più fronti e che appare quasi ‘imperme-
abile’ a ciò che lo circondava.
Fornisco un altro paio di esempi significativi: nel 1939-1940 Minerbi lavorò
indisturbato alla realizzazione del bassorilievo raffigurante
Il mistero dell’Assunta,
posto nella cappella Conti della chiesa di Santa Maria delle Grazie, sempre a Milano,
mentre nel 1942 era quasi completata l’arca di Luisa D’Annunzio nella Cattedrale di
Pescara, pagata dalla Fondazione del Vittoriale, presieduta dal celebre scrittore Ugo
Ojetti, il quale stimava a tal punto Minerbi evidentemente da infischiarsene delle sue
origini israelite.
Nello stesso 1942 l’artista firmò il busto marmoreo dell’aviatore Leopoldo Ma-
rangoni, scomparso nel cielo della Marmarica, posto nell’Asilo Infantile di Bovisio
Masciago, in Brianza, mentre una versione in bronzo è presso la collezione Sgarbi a
Ro Ferrarese.
Ma questo fragile equilibrio si interruppe dopo la firma dell’Armistizio e l’occu-
pazione tedesca: Minerbi fu costretto (dopo essersi nascosto a Gavazzana, nell’ales-
sandrino) a rifugiarsi a Roma nel dicembre 1943, protetto stavolta dai sacerdoti
dell’«Opera Don Orione», che lo ospitarono chiedendogli però di assumere una nuo-
va identità: il ferrarese divenne così “Arrigo Dalla Porta”, quasi beffardamente a
voler ricordare il suo capolavoro milanese sottilmente ‘frondista’.
ARoma l’artista rimase per quasi due anni, tenendo conferenze di storia dell’arte
religiosa a chierici e a sacerdoti nell’Istituto «San Filippo Neri» sull’Appia Nuova,
eseguendo medaglie (come quella detta
La piastrina del soldato
) e il modello del
complesso monumento a don Luigi Orione, che era scomparso nel 1940. L’opera
sarà poi realizzata in marmo (per la versione posta nel Piccolo Cottolengo di Mi-
lano) e in bronzo (al santuario Madonna della Guardia di Tortona): nella posa del
sacerdote, morente e sdraiato, è un evidente richiamo alla statuaria rinascimentale,
nella fattispecie a Jacopo della Quercia e a Bregno (ma altresì a Donatello e ai fratelli
Rossellino).
Ingrata patria…
Mentre nella Milano con guida pastorale l’illuminato cardinal Schuster e nella
Roma ‘città aperta’ (di rosselliniana memoria) lo scultore ebreo veniva protetto da
preti e frati dalla furia nazi-fascista, non altrettanto può dirsi della provincia d’origi-
ne. Anzitutto il Comune di Bondeno, a causa di palesi motivazioni razziste, lo umiliò
togliendogli la cittadinanza onoraria che gli aveva concesso al tempo dell’esecuzione
del Monumento ai Caduti e l’artista venne escluso sistematicamente da tutte le mo-
stre sindacali ferraresi, che durante il Ventennio egli aveva illuminato con la presenza
delle sue raffinatissime opere. L’ultima rassegna (organizzata nel maggio 1943 al
Palazzo dei Diamanti) vide così la presenza di scultori di minor talento (da Colognesi
a Fabbri) e persino di un pittore ‘demonizzato’ per altri motivi come Filippo de Pisis,
mentre Minerbi ne fu escluso del tutto.
In quei mesi funesti si stava intanto compiendo la tragedia familiare che scon-
volse la vita di Arrigo: il fratello Gino, la moglie Bianca e i cognati Ciro e Giorgio
Ravenna abitavano insieme in un palazzo di via Garibaldi. Tutti questi suoi parenti
vennero rastrellati dai repubblichini, morendo in vari
lager.
Arrigo Minerbi ne fu messo al corrente solo nella primavera del 1945 durante
il suo soggiorno romano presso l’«Opera Don Orione» e scrisse all’inizio di giugno
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