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Max Ascoli e la Ferrara
del primo trentennio del Novecento
Nell’ottobre del 1924 apparve su “Rivoluzione Liberale” l’articolo dal tito-
lo “
Il Ferrarese
”
[61]
, in cui Max Ascoli tracciava una breve, ma incisiva sto-
ria della sua terra, animata dal 1897 al 1924 da una continua conflittuali-
tà, tra lo strapotere dei grossi agrari e una esorbitante massa di sottoccu-
pati e disoccupati.
Il problema costituiva l’antico male endemico della provincia, che da
sempre soffriva di una totale inferiorità rispetto alla città. Mentre que-
st’ultima era fonte di irraggiamento dell’autorità, la campagna veniva
considerata puro bacino di forza lavoro, gravato persino da oneri perso-
nali come l’odioso “boccatico”, al tempo degli Este, ovvero l’imposta
pro-capite per gli individui al di sopra dei due anni di età
[62]
.
Nella seconda metà dell’800 le condizioni dell’intera società rurale pada-
na, con i lavoratori avventizi e giornalieri, si era ritrovata indifesa davan-
ti alla grande depressione “
che aveva coinvolto l’intero vecchio continen-
te e che aveva prodotto nel sistema di produzione agricolo della pianura
ferrarese una riduzione delle giornate lavorative per una caduta degli
investimenti nella manutenzione del sistema scolante
” (Cazzola, 1999)
[63]
,
che per anni era stato l’unica fonte di sostentamento per migliaia di fa-
miglie.
Nel 1897 la situazione era precipitata poiché “
alle condizioni di povertà,
determinate dagli svantaggiosi contratti che caratterizzavano la realtà
ferrarese
– ci furono –
i raccolti della canapa e del grano
– che –
risul-
tarono gravemente danneggiati dalle consistenti precipitazioni nel men-
tre l’intera economia del Paese registrava il crollo dei prezzi dei prodotti
agricoli
” (Guarnieri, 1999)
[64]
.