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Max Ascoli e Ferrara
Max Ascoli e la Ferrara del primo trentennio del Novecento
La graffiante analisi di Ascoli delle ragioni dinamiche che avevano favo-
rito ed incentivato il radicarsi del fascismo nel Ferrarese, anticipava così
di un cinquantennio
[79]
gli organici ed approfonditi studi di storici del No-
vecento, quali Paul Corner
[80]
e Alessandro Roveri
[81]
.
La provincia di Ferrara, nel primo ventennio del ‘900, non soffriva sol-
tanto del ricordo amaro di scontri falliti per ottenere un’equa ripartizione
“
fra uno scarso lavoro e una massa di sottoccupati cronici
” (Cazzola,
1979)
[82]
, per i quali era essenziale lo stanziamento statale annuo di 10-15
milioni di lire per lavori pubblici di risanamento delle paludi, ma pativa
anche una situazione culturale di distacco tra città e campagna. Il tasso
di analfabetismo, registrato nel Paese nel 1921 di circa il 27%, era supe-
rato di molti punti nelle campagne della provincia, dove l’assenza di
scuole secondarie sottolineava come istruzione e cultura fossero un pri-
vilegio perlopiù di chi viveva ed operava entro le mura della città
[83]
.
Fuori di queste c’era solo il duro lavoro agricolo e bracciantile per coltu-
re estensive, frumento, bietole e canapa a salari estremamente bassi,
senza veri contratti di lavoro, in condizioni di vita quasi primitive, con
scarsi mezzi di comunicazione
[84]
.
In questa complessa situazione sociopolitica, emerse, come protagonista,
Italo Balbo, non tanto per la sua capacità di mediazione tra istanze op-
poste, ma sulla base del suo personale “patto” con gli agrari, che con le
sue spedizioni si sentivano, tutelati
[85]
, e potevano contare sulla conni-
venza e quiescenza delle forze dell’ordine
[86]
.
In breve tempo, Balbo, era diventato non solo il garante dell’assetto del-
l’intera provincia e regione, ma rappresentava la certa speranza di un fu-
turo per la città, cioè per gli interessi degli agrari dal momento che, qua-
drunviro alla marcia su Roma, aveva portato alla ribalta nazionale le
aspirazioni dell’intero fascismo padano
[87]
.
Il vero problema però della provincia, costituito da un bracciantato pre-
ponderante, venne tamponato con progetti palliativi, ma non affrontato
con soluzioni radicali o innovative. La situazione secolare, che affliggeva
la gran massa dei lavoratori giornalieri dei campi, era infatti, nel dopo-
guerra, ulteriormente peggiorata dallo spaventoso disavanzo dell’erario,
prosciugato dal lungo conflitto. Erano venuti perciò a mancare, o erano
di molto decurtati, gli stanziamenti per gli interventi pubblici, mentre le
campagne dovevano far fronte alla crescita esponenziale della disoccu-