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Max Ascoli e Ferrara
Max Ascoli e la Ferrara del primo trentennio del Novecento
L’atavica povertà, aggravata dall’interruzione di investimenti per la crisi
economica e dalla carestia, fecero precipitare le già negative condizioni
igieniche e di vita della popolazione ferrarese. “
Esseri umani sfruttati,
abituati a compiere sforzi massacranti lungo l’arco di una giornata che
aveva inizio alle prime ore del mattino con lunghissimi spostamenti a
piedi per raggiungere il luogo di lavoro… Poverissima l’alimentazione,
basata principalmente sull’uso della farina di mais, che era causa di ma-
lattie come la pellagra e lo scorbuto
-mentre il vivere nelle zone di boni-
fiche affliggeva la popolazione-
con le febbri intermittenti malariche e
reumatiche… la mancanza di acqua potabile e abitazioni pessime, nelle
quali si ammassavano famiglie numerose favorivano il diffondersi di epi-
demie come il tifo ed il colera
” (Guarnieri, 1999)
[65]
.
In questa drammatica realtà si diffuse e si sviluppo il “virus socialista”,
unico sostegno e voce organizzata alle rivendicazioni degli oppressi sala-
riati
[66]
. Figure come quelle dell’on. Andrea Costa
[67]
, della maestra Alda
Costa
[68]
, di Gaetano Zirardini
[69]
, furono i punti di riferimento di una co-
scienza operaia in quegli anni di difficili rivendicazioni sindacali e sociali.
Gli scioperi del 1897
[70]
conseguirono l’obiettivo di un accordo per la ridi-
scussione dei patti agrari, che vigevano ormai da cent’anni, ed elemento
ancor più importante, si ottenne che all’interno della commissione, che
doveva discutere i patti agrari, ci fosse un rappresentante dei contadini.
La classe padronale, costretta a ridiscutere i patti colonici ne disattese so-
stanzialmente gli accordi, dato che a fatica si giunse all’approvazione sul-
la carta di uno schema di patto con promesse irrisorie. Nel 1901 ci furono
così nuovi scioperi, che culminarono nei morti di Berra
[71]
e che dimostra-
rono l’urgenza di una strategia organizzativa della Camera del Lavoro per
risolvere i complessi equilibri tra le diverse categorie di lavoratori.
Anche nel 1906-1907 ci furono agitazioni sindacali nella provincia
[72]
, che
portarono ad una radicalizzazione degli atteggiamenti. I possidenti agrari
rifiutarono di accogliere la richiesta di più eque rivendicazioni salariali e
ciò costituì il contendere dello sciopero agricolo del 1911, risoltosi nel
lodo del Prefetto Taddei che stabiliva uffici di collocamento obbligatori e
l’imponibile della manodopera
[73]
.
I lavoratori, le cui condizioni erano state rese più gravi dalla guerra per
il carovita e per l’impiego nel conflitto degli uomini, forza lavoro deter-
minante per il magro bilancio delle famiglie, si erano spontaneamente