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Max Ascoli e Ferrara
Max Ascoli e la Ferrara del primo trentennio del Novecento
riorganizzati, a guerra conclusa, nelle Leghe in tutte le frazioni dei ventu-
no comuni ferraresi
[74]
, nel tentativo di approdare ad un concordato uni-
co che garantisse a tutti salari più equi. Ma la reazione degli agrari, che
avevano pattuito la protezione dei loro interessi con gli squadristi di Bal-
bo, portò nel 1920 a nuovi scontri
[75]
, il cui esito, sull’onda lunga delle
rappresaglie e vendette finì nel martirio del deputato socialista Matteotti.
Con la conseguente affermazione del regime si dilazionò, per un ulterio-
re ventennio, la possibilità, per i salariati ferraresi, di un modo migliore
di lavorare e di vivere. Il Ferrarese era dunque, come affermava Max
Ascoli nel suo articolo, una terra in cui non c’era mai stata lotta politica
ma solo rovesciamenti di situazioni e lotta di classe, dato che non era
mai stata risolta la condizione economica, connessa “
ad un lavoro inde-
fesso di una gran massa su una fecondissima terra posseduta da grossi
agrari
” (Ascoli, 1924 c).
Le grandi opere di bonifica, istruite nella zona, anche per risolvere il
problema di una esorbitante manodopera, avevano cambiato i lavoratori
delle campagne in operai, ma una volta terminate tali opere questi furo-
no costretti a tornare nelle campagne, cui erano “
condannati
”, senza
avere però più alcun legame con la terra, diventando perciò braccianti o
avventizi. Diverso sarebbe stato l’esito se, invece, agli operai fosse stata
impartita una “
educazione alla gestione diretta della proprietà con coope-
rative di produzione e con affittanze collettive
” (Ascoli, 1924 c)
[76]
.
Il vero problema del Ferrarese era, dunque, la questione agricola, che
poteva essere risolta con la costruzione di opere coloniche nelle grandi
terre di bonifica. Invece il fascismo, con Balbo, cercò di sbloccare la si-
tuazione agricola approntandone un’illusoria soluzione, non a livello
agricolo, ma con un salto di piano, ovvero su quello industriale. Balbo,
infatti, fece sorgere nella provincia “
stabilimenti industriali, zuccherifici,
essiccatoi di tabacco, fabbriche di conserve alimentari
– non tenendo
conto che a nulla serve-
una fabbrica in campagna, fra operai avventi-
zi, quando il lavoro è saltuario
” (Ascoli, 1924 c)
[77]
. Questa situazione pa-
radossale di una zona “
economicamente sviluppata, socialmente primor-
diale, politicamente gretta o infantile
-costituì la premessa per cui il Fer-
rarese fosse una –
infelice e… turbolenta Balcania
– in quanto qui è-
sorto il Fascismo che ha restituito agli antichi padroni, i possidenti agrari
i propri schiavi
” (Ascoli, 1924 c)
[78]
.