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Max Ascoli e Ferrara
Max Ascoli e la Ferrara del primo trentennio del Novecento
pazione, dilatata, oltre che nelle consuete stagioni autunnali ed inverna-
li, anche in quelle primaverili
[88]
.
Il luogo in città, in cui le pagine della storia del proletariato ferrarese
erano discusse, la “centrale” per ogni informazione, la “sala stampa” per
ogni notizia, era costituito dalle due sale a piano terra del Caffè Mila-
no
[89]
, sotto i portici del Palazzo della Ragione, nell’avancorpo di destra
della struttura
[90]
. Il Caffè Milano era il ritrovo più frequentato, dalla gen-
te più varia, nell’arco della giornata. Di prima mattina, quando appena
albeggiava, vi confluivano “
gli spazzini con le loro scope, i lattivendoli
con le loro lunghe gamelle, i venditori di frutta e verdura con i loro ce-
sti…mentre davanti al Caffè, sul Listone, si approntava il Mercato delle
Erbe, con due file ininterrotte di baracche dai bianchi teloni
”
[91]
. Nella
mattinata, il Caffè, diventava il ritrovo “
di mercanti, di mediatori, di pic-
coli agricoltori, di rivenditori ambulanti… della clientela che saliva e
scendeva lo scalone del Palazzo di Giustizia
”
[92]
. Nel pomeriggio i fre-
quentatori erano “
insegnanti, funzionari di Enti Pubblici e Privati, stu-
denti delle scuole superiori e universitari…
– tra questi a partire dal
1913/14
Italo Balbo, Max Ascoli, Gilberto Pisa, Renzo Ravenna
” (Longhi,
1971)
[93]
e tanti altri giovani, ansiosi di sapere e di crescere presto, per
poter essere attivi e determinanti con il loro essere e con le loro azioni.
Del resto, il Caffè Milano, che per anni era stato il ritrovo dei capipopolo
sindacalisti, era diventato il crogiuolo che alimentava la “
passione interven-
tista alla prima guerra mondiale
” (Quilici, 1935)
[94]
, di cui i giovani, con il
loro entusiasmo nazionalista-irredentista, erano i più accesi sostenitori.
Nel nostro tempo, in cui l’aumento dell’impegno scolare e le difficoltà di
inserimento nel mondo del lavoro hanno finito per prolungare l’adole-
scenza, dilazionando a tempi, forse un po’ troppo lunghi, l’esplicitazione
di posizioni di responsabilità civile, stupisce la partecipazione di giovani
di 16-18 anni, non solo ai ritrovi tipici degli adulti di quegli anni, ma il
loro diretto e personale coinvolgimento nelle dinamiche della realtà so-
ciopolitica del Paese. Erano certamente altri tempi, nei quali, il dismette-
re i “calzoncini corti”, non era solo una questione di moda, o una tappa
nel processo evolutivo, ma comportava onori ed oneri di un processo
educativo, improntato alla diretta osservazione-emulazione dei compor-
tamenti adulti, anzi avveniva con la piena implicanza e diretto coinvolgi-
mento di tutti che ne diventavano, così, soggetti agenti e protagonisti.