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Max Ascoli e Ferrara
Il fascicolo “Max Ascoli” della Questura di Ferrara
in un’ottica di pensiero liberal
-per cui-
la libertà, intesa come capacità
dell’uomo di poter controllare in una certa misura le proprie condizioni
di vita
– confluisce –
nella fede nell’America, al cui benessere e alla cui
libertà sono strettamente legati il benessere e la libertà degli altri paesi
”
(Taiuti, 2006)
[136]
.
Max Ascoli morì a New York il primo gennaio 1978.
Il 5 luglio 1980, a Ferrara, l’Istituto per Storia del Movimento Liberale or-
ganizzò un convegno dal titolo “Max Ascoli, quando l’Italia non fu taglia-
ta in due” come annunciava la locandina all’ingresso di Palazzo Massari,
nel cui salone centrale si svolse il simposio
[137]
. I lavori furono aperti dal
presidente per il Movimento Liberale, dottor Ercole Camurani, che moti-
vò il convegno come la prosecuzione della riflessione sulle matrici e
istanze liberali italiane iniziata con un primo seminario liberale, dedicato
alla figura di Luigi Einaudi e proseguita poi, in altre occasioni con la di-
samina delle personalità di Piero Gobetti e di Giovanni Amendola
[138]
.
La prolusione, tenuta dall’on. Giovanni Spadolini, ripercorse le tappe
biografiche della vita di Ascoli che visse “
un ebraismo inquieto e cercan-
te… una religiosità dominata dal rapporto uomo-Dio… cosicchè ogni
suo concetto e soprattutto quello di libertà risultava connotato da vibra-
zioni religiose.
Ascoli fu un fedele interprete di quell’Italia dei laici, come modello politi-
co e scelta di vita… Laico non in senso anticlericale o intollerante…ma
come attivo costruttore di una integrale democrazia nel paese
[139]
…
Per l’unità del suo paese si era battuto, onde evitare che nel dopoguerra
potesse essere tagliato in due come la Germania e la Corea
”
[140]
.
Il Convegno, oltre alle relazioni dei professori Max Salvadori, Mario Cat-
taneo, Aldo Garosci, Antonio Varsori, Sandro Rogari, che illustrarono i
molteplici aspetti di Ascoli come studioso e antifascista, registrò le testi-
monianze di numerosi amici e collaboratori. Tra questi Giovanni Malago-
di, che parlò con commozione “
sull’onda dei ricordi personali, del fra-
terno amico e della loro frequentazione nel periodo in cui ambedue era-
no esuli in America
”
[141]
.
Il silenzio è poi calato intorno a questa importante e complessa figura di
intellettuale e di uomo, che viveva la militanza come coerente esplicita-
zione nella prassi di etici principi e valori.
Forse per una certa “intolleranza alimentare” di una parte della classe