«Tribus linguis alloquitir ingradientum». Ebraismo e architettura parlante a Ferrara nel Cinquecento
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sessanta del Quattrocento accoglie la stessa origine delle colonne [Fig. 7].
42
Si tratta
di un’iconografia certamente nota negli anni Venti del Cinquecento, quando questi
dipinti vengono realizzati. Nell’utilizzo di questo genere di apparato, dunque, con-
vergono diversi fattori: si potrebbe pensare che nei quadri di Mazzolino, oltre all’in-
fluenza esercitata dalle sperimentazioni formali compiute in Urbe, la scelta di questo
dettaglio risuoni come uno specifico rimando al Tempio di Gerusalemme, rimando
assolutamente coerente considerando i soggetti delle opere in questione. Volendo
interpretare la produzione pittorica del ferrarese, dunque, ci si trova di fronte a un
meccanismo complesso; la padronanza nell’uso delle fonti, poi, costituisce un altro
aspetto da indagare: le iscrizioni di palazzo Contughi e quelle dei quadri di Mazzoli-
no oltrepassano l’imitazione delle iscrizioni del
titulus crucis,
prima attestazione di
una tabella trilingue, o la pedissequa trascrizione dei dieci comandamenti, come nel
caso della
Madonna Roverella,
per citare un altro caso ferrarese.
43
Il tutto suggerisce
che il programma letterario non possa essere ascritto al solo pittore. Più probabil-
mente l’idea di inserire iscrizioni di questo genere è da ricondurre ai committenti,
secondo una prassi riscontrabile anche a palazzo Contughi, le cui epigrafi derivano
dalla cultura di colui che ha richiesto l’edificio.
Accanto al committente, si potrebbe tentare di rintracciare un consulente capace
di destreggiarsi tra le fonti con disinvoltura, com’era consuetudine a quest’altezza
cronologica. In questo senso Busi ha ipotizzato che si debba all’umanista ferrarese
Celio Calcagnini il suggerimento di tali iscrizioni. Egli infatti avrebbe virtualmente
raccolto il testimone passatogli da Pellegrino Prisciani, storiografo e bibliotecario
dei signori di Ferrara, il quale deteneva il monopolio della cultura ebraica nella città
estense durante il XV secolo.
44
Calcagnini era amico di Avraham Farissol e dell’ago-
stiniano Agostino Steuco, altro importante ebraista italiano; inoltre era in contatto
con Jacob Ziegler, autore di un commento ad alcuni libri dell’antico testamento,
Con-
ceptionum in Genesim mundi et Exodum commentarii
stampato a Basilea nel 1548.
I rapporti tra questi umanisti sono documentati da una lettera scritta da Calcagnini
ad Agostino Steuco nel 1525. Il ferrarese invia all’amico i saluti di «Zieglerus e di
Abraham», con ogni probabilità Farissol.
45
Altri accenni ai loro contatti si possono
leggere proprio nell’opera di Ziegler, citata testé,
Conceptionum in Genesim mun-
di
, in cui il tedesco fa riferimento a un suo amico dotto nella lingua latina, greca
ed ebraica, verosimilmente Agostino Steuco.
46
L’attenzione per la cultura ebraica
42
«Dicono alcuni che vennono di Gerusalemme». A
NTONIO
A
VERLINO DETTO
I
L
F
ILARETE
,
Trat-
tato di Architettura
(1464), edizione a cura di A.M. Finolli, L. Grassi, Il Polifilo, Milano 1972, libro
VIII. Citato in S. T
UZI
,
op. cit
., p. 205.
43
M. L. M
AYER
M
ODENA
,
op. cit
., p. 118. Sul
Titulus crucis:
A
LESSANDRO
P
ARRONCHI
, «Titulus
crucis», in
Antichità viva
, 4, 1966, pp. 41-42. A
NNA
P
ONTANI
, «Note sull’esegesi e l’iconografia del
Titulus crucis
», in
Aevum
, 47, 2003, pp. 137-186.
44
G. B
USI
,
op. cit
., pp. 84-85.
45
Lettera di Celio Calcagnini ad Agostino Steuco, 13 giugno 1525, in C
ELIO
C
ALCAGNINI
,
Opera Aliquot
, Basilea, Froben 1544, p. 120. La lettera, in rapporto alla conoscenza tra Calcagnini
e Steuco, è citata in: G. B
USI
,
op. cit
., p. 95n.
46
«Amicus quidam meus, doctus hebraea graeca et latina lingua, quia et ipse in Genesim
scripsit quam commentationem tenet tamen ad huc a publico: cum studiorum similium com-
munione conferremus locos aliquot, is locum hunc legens». J
ACOB
Z
IEGLER
,
Conceptionum in
Genesim mundi et Exodum commentarii
, Ioannis Oporini, Basilea 1548, p. 37, citata in G. B
USI
,
op. cit
., p. 95n.
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