Ferrara, crocevia dell'ebraismo italiano. Le carte del Fondo Leone e Felice Ravenna
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come un «figlio di questa Comunità [di Ferrara], in cui lo spirito e la cultura d’Israe-
le ebbero sede nobilissima, e della sua famiglia nella quale le più pure tradizioni si
conservarono gelosamente intatte».
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Leone e Felice Ravenna si mossero nel panorama ebraico nazionale e interna-
zionale con una naturalezza non ordinaria, che nasceva probabilmente anche da una
certa concezione della «comunità ebraica». Reuven Ravenna, in un articolo per il
centenario della nascita di Felice Ravenna, sottolinea come per questi il concetto di
Comunità andasse «ben al di là delle mura cittadine, dei confini della regione, del
paese e direi dei continenti e del tempo».
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Nel 1859 l’apertura del ghetto – e la conseguente opportunità di allontanarsi da
luoghi che erano simbolo di secoli di costrizione – se per molti ebrei comportò il
progressivo allontanamento dalla Comunità e dall’ebraismo,
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per i Ravenna sembrò
rappresentare l’esatto contrario: fu come la possibilità finalmente di avvicinarsi e
ricongiungersi col resto del popolo ebraico e di pensare e agire per l’ebraismo non
solo in termini di Comunità cittadina ferrarese, ma nazionale e anzi si direbbe di
Comunità ebraica
tout court
.
Così immediatamente dopo la fine del dominio pontificio su Ferrara,
12
Leone
Ravenna non solo poté iscriversi all’Università di Ferrara, alla facoltà di Legge;
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ma poté anche finalmente entrare direttamente in contatto e interagire con quella
9
D
ANTE
L
ATTES
, «Felice di Leone Ravenna. Discorso tenuto al Tempio israelitico di Ferrara
nel trigesimo della sua morte – 18 aprile 1937», in
Rassegna Mensile di Israel,
vol. XI, n. 8-9,
Aprile-Maggio 1937, pp. 315-321; 316.
10
R
EUVEN
R
AVENNA
, «Felice di Leone Ravenna», in
Bollettino della Comunità ebraica di Mi-
lano
, a. XXV, n. 1, Settembre-Ottobre 1969, p. 9.
11
Ilaria Pavan descrive questo allontanamento dalle vie del ghetto, parlando di Tullio Raven-
na, lontano cugino di Leone Ravenna e padre di Renzo Ravenna, primo e unico podestà ebreo in
Italia: «Una nuova casa lontana dal ghetto. Così […] Tullio Ravenna come centinaia di altri ebrei
italiani, volle confermare – in qualche modo ‘celebrare’ la raggiunta parità giuridica, la ritrovata
libertà con un gesto che portava con sé anche un evidente significato simbolico: una nuova casa,
distante dai luoghi di una lunga memoria di discriminazioni, lontana da quell’edificio in mattoni
rossi di via Vittoria, nel cuore del vecchio ghetto ebraico di Ferrara, in cui tutta la sua famiglia, ge-
nerazione dopo generazione, nel corso dei secoli era stata costretta a vivere». I. P
AVAN
,
op. cit.
, p. 3.
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Ferrara era passata sotto le insegne dei Savoia nel giugno del 1859. Abramo Pesaro descrive
così quel momento: «Il 1859 portò un grande cambiamento civile e politico nell’Alta Italia e nella
Centrale. Discese le armate Francese e Piemontese nella Lombardia per liberarla dal dominio Au-
striaco, la conseguente ritirata delle truppe Imperiali dalle Romagne, fu il segnale dell’insurrezione
delle medesime contro il potere temporale Pontificio. Costituite delle Commissione Provinciali di
Governo, organizzata la Guardia Cittadina, forti dell’opinione pubblica, esse convocarono in Bo-
logna nel Giugno del detto anno una Assemblea Nazionale delle Romagne, che finì con dichiarare
l’annessione di queste alla Monarchia Sabauda […] Accettata ch’ebbe Vittorio Emanuele l’an-
nessione delle Romagne al Piemonte, questa Comunità israelitica prese parte al pubblico gaudio
facendo eseguire un solenne servizio divino nell’Oratorio Maggiore». A
BRAMO
P
ESARO
,
Memorie
storiche sulla comunità israelitica ferrarese
, copia anastatica dell’edizione di Ferrara del 1878,
Forni Editore, Bologna 1967, pp. 104-105.
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Leone Ravenna si laureò in legge all’Università di Ferrara il 2 luglio 1864. ACDEC,
Fondo
Leone e Felice Ravenna
, b. 1, f. “Documenti a corredo del fondo”: Sonetto. Secondo la nipote
Gabriella Falco Ravenna, Leone si laureò tardi, all’età di ventisette anni, perché «col sereno otti-
mismo che l’accompagnò per tutta la vita, dopo gli studi secondari, aveva atteso fiduciosamente
la liberazione di Ferrara, per potersi iscrivere all’Università, nella facoltà di giurisprudenza». G.
F
ALCO
R
AVENNA
,
op. cit
., p. 408.
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