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Laura Brazzo
la Fondazione CDEC di Milano – e oggetto di descrizione nella seconda parte di
questo intervento – sembrano rivelare infatti una sorta di ‘movimento’, una circola-
rità delle idee e delle persone che trovano in Ferrara, ovvero nei Ravenna, un punto
di inevitabile passaggio. Ferrara e i Ravenna infatti per un certo periodo di tempo,
appaiono come una via di transito obbligato per i processi in atto, siano essi quel-
li relativi all’organizzazione delle Comunità ebraiche italiane o quelli del sionismo
d’inizio Novecento. Da qui, più che da altrove – e da altri – partì e prese corpo una
certa idea di ebraismo, che è soprattutto quella delle istituzioni, dell’organizzazione
dell’ebraismo italiano.
Leone Ravenna, Felice Ravenna e Ferrara
Ho fatto riferimento poco fa all’assenza di studi e ricerche che ricostruiscano
e raccontino della vita di Leone e Felice Ravenna al di fuori del contesto ebraico
pubblico. E infatti fino ad oggi tutto quel che è possibile sapere del versante privato
della vita di Leone e Felice Ravenna lo dobbiamo ai ricordi, a cominciare da quello
di Gabriella Falco Ravenna, una delle tre figlie di Felice.
Leone Ravenna, ricorda Gabriella, proveniva da una famiglia religiosa, legge-
va correntemente l’ebraico sin dall’età di cinque anni; «aveva avuto la possibili-
tà di seguire privatamente gli studi secondari e parlava e scriveva perfettamente il
francese».
4
Nel corso degli anni, scrive ancora Gabriella Falco,
aveva arricchito la sua osservanza con lo studio continuo dell’ebraico e dell’Ebraismo
in ogni sua forma. Ufficiante volontario, dirigente del Tempio di rito tedesco, osservava
scrupolosamente tutte le
mizvot
; e si compiaceva – lui che aveva ricoperto numerosissi-
me cariche nella vita pubblica – di non aver mai aperto una lettera di sabato!
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Aveva «una profondissima conoscenza della Torà e del Talmud» e nel 1916 ot-
tenne dal Collegio rabbinico di Firenze (guidato all’epoca da rav Shmuel Margulies),
«la laurea di rabbino ad honorem», celebrata a Ferrara, nella sede della Comunità,
con una grande festa.
6
A proposito di Felice Ravenna, «ebreo fino al fondo dell’anima», Gabriella Fal-
co ricorda non solo lo strenuo impegno per il sionismo,
7
ma anche la generosità e
l’amore per la famiglia, per il padre Leone in particolare: «nutriva un affetto e una
devozione infinita per il nonno: ogni sera usciva con la mamma per andarlo a salu-
tare e ogni mattina – mi confidò una volta – ritornando in studio ringraziava Iddio di
ritrovarlo».
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Dante Lattes, nel lungo discorso commemorativo che tenne al Tempio
di Ferrara nell’aprile del 1937, ad un mese dalla scomparsa, ricordò Felice Ravenna
4
G
ABRIELLA
F
ALCO
R
AVENNA
, «Leone e Felice di Leone Ravenna», in
Rassegna Mensile di
Israel
, vol. XXXVI, n. 11, Novembre 1970, pp. 407-415; 408.
5
Ivi.
6
Ibidem,
p. 409.
7
«Io nascendo, ho respirato il sionismo! Se mi affaccio sulla mia ormai remotissima infanzia,
vedo in casa nostra un andirivieni continuo: papà che parte, papà che arriva, scrive articoli, prepara
discorsi, traduce dal tedesco col cugino Riccardo Veneziani, riceve amici […]».
Ibidem
, p. 411.
8
Ibidem
, p. 412.
Ebrei a Ferrara 3.indd 300
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