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Dibattito
pone, forse per avvalorare la sua tesi sulla antichità della stele, afferma nel suo
commento esplicitamente che “
le lettere puntate
sqg
vanno distinte
” ossia nelle
tre lettere unite occorre staccare
s
da
qg
, per quale ragione non si capisce, mentre
di fatto non rispetta il testo dell’apografo che egli stesso ripropone. Vivian riporta,
considerandola errata, la lettura della data all’anno 643 che viene da 403+240,
proposta da Venturi in una lettera inviata allo scopritore della stele, Michele Della
Torre, che la trovò negli anni 1817/18. Ma – riferisce Vivian –, Venturi l’avrebbe
considerata l’anno “403 al numero piccolo” cioè il 643 d. C.!, evidentemente
il Venturi o chi per lui non sapendo che all’anno cristiano occorre aggiungere
il millennio 1, diverso dal millennio 5 ebraico. Quella lettura di Venturi 643 è
corretta e, dopo aver eseguito la somma 403+240 si ottiene l’anno del calendario
gregoriano 1642/3, meglio precisata in 22 settembre 1642, conoscendo dall’epi-
taffio che la morte della signora avvenne il 21 Tishri. La stele è mutila sia nella
parte superiore sia in quella destra. Inoltre, senza alcun contesto più completo
dell’epitaffio, e dovendo esaminare meglio la correttezza della lettura proposta
dai due editori, ricavare dalle poche parole
qashim
‘al yichud
(“gravi pene per
la professione dell’unità di Dio”),
u-metah be-otam tzarot
(“e morì per gli stessi
tormenti”), e
b˝b ha-shohar
(“in prigione”, se la lettura è davvero questa), che si
sarebbe trattato di una donna morta martire in prigione per aver rifiutato il bat-
tesimo, mi sa un po’ di ricostruzione romanzesca, che mi suscita dei dubbi e che
personalmente vorrei riesaminare.
M
ICHELE
L
UZZATI
– Prima una domanda a Mauro: «fonte storica, genealogica,
letteraria e poetica». Hai accennato al fatto che da una certa data in poi queste steli
sono bilingui, quindi l’ebraico e l’altra è una lingua occidentale. Siccome qui c’erano
parecchi sefarditi, e a Pisa e a Livorno vediamo nei cimiteri molte lapidi sefardite in
cui l’altra lingua è lo spagnolo o il portoghese, ti chiedo se anche a Ferrara c’è questa
testimonianza.
E poi ti chiederei di ingrandire l’immagine di quello stemma con i due leoni ram-
panti. Vorrei inoltre osservare che la forma è quella tipica delle tombe sefardite a Pisa
e Livorno, e come si trova a Palermo nel mercato della Vucciria: c’è un monumento
con una vasca con acqua che ha tale forma che amici palermitani hanno inutilmente
promesso di fotografarmi. La particolarità delle sepolture pisane e livornesi è che
anche quelle di tradizione sefardita mostrano iscrizioni in scrittura askenazita.
M
AURO
P
ERANI
– Certamente ci sono molte lapidi che, quando si passa all'epitaf-
fio bilingue, hanno una parte in spagnolo o in portoghese (molte al Cimitero del Lido
a Venezia), oltre che in italiano, e in tedesco a seconda delle aree.
Sulla tipologia delle sepolture c’è invece ancora da studiare. Sappiamo che nei
cimiteri delle Marche i cippi sono bellissimi, in alta percentuale in durissima pietra
d’Istria (che arrivava lungo le coste adriatiche) resistente agli agenti atmosferici;
sappiamo che in qualche cimitero del settentrione c’è qualche cippo cilindrico; ad
Ancona e nei cimiteri delle Marche ci sono solo sepolture a stele fino all’ultimo
squarcio Cinquecento poi in pochissimo tempo diventano al 95% a cippo cilindri-
co con iscrizioni circolarmente intorno al fusto. Mi sono consultato con Giacomo
Saban, ebreo levantino di origine turca, abbiamo avanzato alcune ipotesi ancora da
approfondire: sappiamo che le sepolture del mondo musulmano, ad esempio nord
africano, sono a cippo cilindrico. Forse dal nord Africa questo stile potrebbe essere
arrivato in Andalusia nella Spagna, e avere avito una certa tradizione d’uso fra i
Ebrei a Ferrara 3.indd 296
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