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quindici e più anni di abbandono.
Il complesso, costruito nel 1912 e
successivamente modificato, è
composto di tre blocchi edilizi
distinti; la palazzina d’ingresso
dalla città (corpo di fabbrica A), un
primo grande fabbricato, a suo
tempo destinato a detenzione e
uffici (B), un edificio di forma
lineare che si protende verso le
mura della città, anch’esso deten-
tivo (C); accanto a questi erano
sorti nel corso dei decenni ulteriori
edifici; come ovvio, tutto è rac-
chiuso da una doppia cinta di
muri. Con Decreto del Soprinten-
dente Regionale del 16/9/2003 l’ex
carcere circondariale è stato dichia-
rato d’interesse culturale e per-
tanto sottoposto alle disposizioni
di tutela ai sensi della legislazione
vigente, «in quanto […] caratteri-
stico esempio di edificio peniten-
ziario del primo Novecento».
Ecco dunque un primo tema su
cui ragionare e compiere scelte:
quali valori individua la dichiara-
zione di tutela? È davvero d’inte-
resse questo complesso? Lo è per
intero, nel suo insieme, o si può
stabilire per i corpi di fabbrica un
diverso livello di qualità architetto-
nica e di significato per la tipolo-
gia carceraria, oggettivamente
riconoscibile? Il quesito non è
certo casuale: infatti da molte
parti si sono levati dubbi, anche in
tempi recenti, sulla opportunità di
collocare il museo, istituzione a
finalità pubbliche per eccellenza,
all’interno di una struttura, come
quella in esame, con caratteristi-
che di poca flessibilità, severa
nell’organizzazione spaziale, bloc-
cata nel rapporto interno/esterno
e in quello tra i diversi edifici;
tanto più poi un museo come il
MEIS, concepito come spazio
rivolto all’incontro ed all’integra-
zione, aperto ai visitatori e alla
città, fatto per produrre cono-
the former county jail of cultural
interest
and therefore under protection
according to the law in vigour, “in
as much as it is a […] typical example
of an early Twentieth Century
penitentiary building.”
This, therefore, was the first criteria
that we had to consider when
making decisions: which are the
characteristics that need to be
preserved? How important really is
this complex? Is it for the complex
as a whole, for the collection of its
parts, or should one identify
which buildings are architecturally
significant and which are significant
as an example of a jail? The
question is not one to be taken
lightly, as there are grave doubts
even now, as to the feasibility of
placing a museum, which is
quintessentially a public institution,
within a structure such as this, as
the inflexible physical constraints
restrict options for spatial
organization. A museum like the
MEIS is conceived as a space for
meetings and integration, open
to visitors and the city, made to
raise awareness and disseminate
information through events and
displays. These are legitimate
doubts, which lie behind the
willingness to give life to a museum
that is able to maximize the
architectural potential of its
function while yet being concerned
that this new function may in some
way alter those unique elements of
the preexisting complex, thereby
detracting from our cultural
heritage.
Finding the answers to these
questions requires a detailed
knowledge of the complex,
beginning with an in-depth analysis
that strives to understand, without
prejudice, the inherent quality of
each building rather than focusing
on reconciling the building with its
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di film e di spettacoli sui temi della
pace e della fratellanza tra i popoli
e dell’incontro tra culture e reli-
gioni diverse».
Del 23 gennaio 2007 è l’atto costi-
tutivo della Fondazione MEIS, che
nasce con “finalità di gestione,
valorizzazione, conservazione e
promozione del
Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della
Shoah
”, e che in sostanza è l’orga-
nismo al quale è demandato il rag-
giungimento delle finalità della
nuova istituzione museale, rego-
landone le modalità organizzative.
Della Fondazione fanno parte Il
Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, il Comune di Ferrara, il
Centro di documentazione ebraica
contemporanea (CDEC), l’Unione
delle comunità ebraiche italiane
(UCEI).
Fin dal 2003, alla realizzazione
della sede del museo sono stati
destinati 15 milioni di euro, men-
tre al funzionamento è stato asse-
gnato un contributo di 1 milione
di euro l’anno, fondi che tuttavia
si sono resi effettivamente dispo-
nibili solo con la legge 10 ottobre
2005, n. 208. Secondo gli accordi
nel frattempo intervenuti tra le
amministrazioni interessate, al
Comune di Ferrara spettava indivi-
duare la localizzazione dello spa-
zio in cui costruire la sede del
nuovo museo, mentre al Ministero
per i Beni e le Attività Culturali la
realizzazione dell’edificio: su que-
ste basi in un primo momento,
quello relativo al Museo della
Shoah, il Comune aveva messo a
disposizione un’area di circa 10
mila metri quadrati sita a nord
della città storica, nel Parco
Urbano dedicato a Giorgio Bas-
sani. Ma il sostanziale cambio di
rotta relativo alla missione del
museo e la sua nuova caratterizza-
zione consigliava un luogo interno
alla cerchia delle straordinarie
mura di Ferrara, a contatto con la
città ed i percorsi ebraici in essa
significativamente presenti.
La scelta cade sul complesso edili-
zio dell’ex carcere circondariale in
via Piangipane, di proprietà sta-
tale, che il 29 novembre 2007
viene consegnato dall’Agenzia del
Demanio al Ministero per i Beni e
le Attività Culturali per essere
destinato al Museo dell’Ebraismo
Italiano e della Shoah. Nel corso
dell’anno successivo la Direzione
Regionale dell’Emilia-Romagna,
Soprintendenza per i Beni Archi-
tettonici e per il Paesaggio e il
Comune di Ferrara danno vita ad
gruppo di lavoro tecnico che
opera da un lato al recupero archi-
tettonico della palazzina d’in-
gresso dalla città, ancora in corso,
dall’altro allo studio approfondito
della consistenza del complesso
ed alla successiva stesura del
bando di progettazione.
Il sito, il museo, il concorso
Il carcere è un luogo per defini-
zione chiuso al mondo, confinato,
fatto per la segregazione: trasfor-
marlo in un museo è la sfida che si
è voluta cogliere, pur nella consa-
pevolezza delle molte difficoltà che
questa scelta avrebbe comportato:
in prima istanza l’edificio, le sue
caratteristiche architettoniche, lo
stato conservativo determinato da
Ministry of Cultural Heritage and
Activities (MiBAC), the Comune of
Ferrara, the Jewish Contemporary
Documentation Center, and the
Union of Jewish Italian Communities
are all members of the Foundation.
Since 2003, 15 million Euros have
been allocated for the creation of
the museum, with an additional 1
million Euros annually for operating
costs, although these funds were
only approved by law number 208
on October 10th, 2005. According
to the original agreement reached
between the parties, it was up to
the Comune of Ferrara to identify
the site where the new museum
would be built, and to the Ministry
of Cultural Heritage and Activities to
construct the building. Based on
the original plan to build a
Holocaust Museum, the Comune
had selected an area of about 10
thousand square metres situated in
the north of the historical city, in the
large urban park named for Giorgio
Bassani; but with the marked
change of course regarding the
focus of the Museum, a different
site was required, and the seat for
the museum was moved to a
location within the walled part of
Ferrara, placing it in direct contact
with the city and the areas with a
significant Jewish presence.
The choice fell on the site of the
state owned former jail on via
Piangipane. On November 29th,
2007, the property was ceded to
the Ministry of Cultural Heritage
and Activities by the Agenzia del
Demanio
(the
government
department which manages state
owned property) for the purpose of
redeveloping it for the new Museo
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah.
Over the following year, a technical
working group was established
with members from the Regional
Directorate for Emilia-Romagna, the
Superintendent of Architectural
Heritage and Landscapes and the
Comune of Ferrara. Their job had
two goals: the first being the
restoration work on the entrance
building, which is underway, and
the second, following an in-depth
study on the overall building
complex and to set up the terms of
competition.
The site, the museum,
the competition
A jail is a place which is by definition
closed to the world, confined, built
for segregation. Transforming such
a place into a museum is the
challenge that we are facing, fully
aware of the difficulties inherent in
the undertaking, beginning with
the building itself, its architectural
features, and its condition after over
15 years of abandonment.
The complex, built in 1912 with
later renovations, is composed of
three separate blocks: the entrance
building on via Piangipane (block
A), a large building that in its day
was used for offices and holding
cells (block B), and a long building
at the back by the walls which also
contained cells (block C). Over the
years other buildings were added;
and obviously, the entire complex
is enclosed within double
surrounding walls. By decree on
September 16th, 2003, the
Regional Superintendent declared
Fotografia e pianta del
complesso carcerario.
Annuario statistico del Comune
di Ferrara, 1912
Photograph and Map of the jail
complex. Images taken from
the Statistical Yearbook,
Comune di Ferrara, 1912