Matilde Bassani tra antifascismo, Resistenza e impegno sociale: una vita 'felice' dedicata agli altri
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riusciranno ad uscire vivi dall’esperienza della lotta al fascismo.
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Ma in quella casa entravano anche molti operai, spesso aderenti al partito comu-
nista, e le loro mogli, dai quali, afferma Matilde, «imparavamo a mettere in pratica le
teorie delle quali ci dilettavamo nelle lunghe discussioni».
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L’esperienza ferrarese di lotta al regime si conclude l’11 giugno del 1943, quan-
do viene arrestata insieme a molti degli appartenenti al gruppo, dopo avere parteci-
pato ad azioni finalizzate a disseminare nottetempo la città di volantini avversi al
fascismo.
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Matilde racconta con semplicità quel momento difficile e importante della sua
vita, ancora una volta condiviso con la madre, affermando:
E mia madre che ne aveva già passate tante per mio padre, che sempre mi diceva di
fare attenzione, che l’avrei fatta morire, quella volta nel salutarmi mi disse «Adesso
fai il tuo dovere!».
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E in carcere la giovane manifestò tutto il proprio coraggio, sostenendo pesanti
interrogatori persino con il famigerato vice questore Carlo De Sanctis, al quale tenne
testa con forza e intelligenza. Resse persino alle angherie delle guardie carcerarie,
«sadiche e malpagate», così proprio lei le definiva, che la costringevano ad assistere
alle violenze da loro stessi esercitate su altre detenute.
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Liberata dopo il 25 luglio 1943, alla volta della metà di novembre, mentre la RSI
preparava la feroce rappresaglia della «lunga notte», fu avvertita delle retate fasciste
e fuggi a Roma, dove giunse tra mille peripezie e dove conobbe Ulisse Finzi, futuro
marito con il quale si impegnò nella lotta resistenziale, partecipando a Roma e, quin-
di, a Firenze, ad azioni che le fecero rischiare la vita, venendo persino ferita.
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Una vera combattente che, a guerra terminata, comprendendo che il trattamen-
to riservato alle donne era tutt’altro che paritetico, non si tirò indietro e lottò per
ottenere il riconoscimento delle proprie azioni. Parte della sua esperienza era stata
raccontata durante la guerra persino da Radio Londra in una trasmissione intitolata
“Insegnante combattente”. Nonostante ciò, fu costretta a rivendicarla energicamente
nel gennaio 1948 quando si accorse, con stupore e irritazione, che la Commissione
per il riconoscimento di Partigiano Combattente presso l’ANPI a Roma non le aveva
assegnato quella qualifica, «come è di mio diritto», chiariva la protagonista nella
lettera inviata per il ricorso.
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. La descrizione che Matilde Bassani fa del gruppo che si riuniva attorno ad Alda Co-
sta e che vedeva si numerosi intellettuali e professionisti, alcuni dei quali avrebbero perso la
vita nella lotta contro il regime, ma anche molti operai e lavoratori, con le loro mogli, oltre che
esponenti del PCI, collima con la descrizione del movimento ferrarese redatta dal questore nella
citata relazione del 29 giugno 1943. Interpartitico e interclassista, il gruppo ferrarese appariva un
passo avanti, in direzione dello spirito che qualche mese più avanti avrebbe fatto nascere e quindi
combattere il CLN.
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Queste informazioni sono tratte dal sito dell’ANPI lombardo:
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ghera/donneresistenza/bassanifinzi.htm.
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