Ebrei a Ferrara. Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX) - page 318

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Antonella Guarneri
Per comprendere la tempra di Matilde e, soprattutto quanto quel riconoscimento
fosse meritato, basta ricordare gli accadimenti della sua vita dopo essere stata liberata
dal carcere di Ferrara.
Dopo essere stata avvisata della retata che fece seguito alla uccisione del fede-
rale di Ferrara la sera del 13 novembre 1943, quando la RSI era insediata da solo tre
mesi, scappò rocambolescamente e si recò nella capitale dove conobbe il compagno
di lotta e in seguito di vita, Ulisse Finzi. Contribuì alla creazione del Comando Parti-
giano Superiore di Roma e collaborò al Servizio di Informazioni del CPS e a quello
segreto americano dell’OSS, distribuendo armi, portando in salvo prigionieri alleati,
polacchi, inglesi e altri.
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Donna di grande coraggio, sebbene israelita, trattò con le SS tedesche per cerca-
re di far scarcerare il Capitano Aladino Govoni, assassinato poi alle Fosse Ardeatine.
Venne ferita dai tedeschi nel corso di un’altra azione, partecipò poco dopo ugualmen-
te alla liberazione di Firenze, portando armi alla brigata Bruno Buozzi.
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A ricordare la sua forza, ma anche l’ironica sfrontatezza, ecco come concluse la
lettera nella quale richiedeva che la sua posizione fosse ridiscussa:
Dopo quanto sopra esposto sono ben certa che mi verrà quanto prima riconosciuto il
titolo di partigiana combattente e mi verrà forse anche domandato scusa della dimen-
ticanza
.
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Il 9 aprile 1945 Matilde e Ulisse si sposarono. Nacquero nel ’46 Enrico (noto
sociologo e ‘guru’ del marketing), nel ’48 Valeria (pubblicitaria e scrittrice), nel ’51
Paolo (laurea in scienze politiche, dirige dal 1968 la rivista anarchica «A»), poi quat-
tro nipoti e due pronipoti. A guerra finita, intanto, i coniugi Finzi si erano trasferiti a
Milano, dove Ulisse riprese l’attività di pellicciaio, abbandonata per le leggi razziali.
Matilde scelse di lavorare nel sociale, occupandosi di problemi dell’infanzia e di
rapporti genitori-figli per il Tribunale dei Minori, promuovendo inoltre la creazione
dei servizi sociali distrettuali. Dal 1949 al 1957 entrò ad operare nel Villaggio della
Madre e del Fanciullo. Riprese a studiare: a 50 anni divenne psicologa e membro del-
la Società italiana di sessuologia clinica. Per decenni collaborò con il Cemp (Centro
educazione matrimoniale e prematrimoniale). Tra il ’79 e l’81 Matilde si specializzò
in nuove terapie sessuali a Palo Alto in California, a New York e a Montreal. Dal
1985 decise di sostenere l’Associazione per il bambino nefropatico. Nel 2000 fi-
nanziò, per ricordare il marito scomparso nel 1989, la ristrutturazione del reparto di
Nefrologia e dialisi della clinica pediatrica De Marchi, intitolato oggi ai benefattori
«Ulisse e Matilde Finzi».
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Non va dimenticato, inoltre, l’impegno nel movimento femminista italiano e il
ruolo di rilievo rivestito nell’UDI (Unione Donne Italiane), all’interno del quale ha
combattuto le battaglie per il divorzio e l’aborto.
Oltre ad allevare i suoi figli, continuò a lavorare per gli ideali in cui ha creduto:
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Ivi
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Ivi
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«Dalla Resistenza alla psicologia Matilde, una vita per gli altri», in
Corriere della Sera
, 31
marzo 2009
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