MEIS: architetture per un museo - page 114-115

spazio che manca di completezza
e di coerenza. Nell’accedere al-
l’edificio, i visitatori non possono
intravedere immediatamente una
via d’uscita, né intuire con agilità
un percorso che li conduca verso
l’esterno. Sono invece costretti a
cercare soluzioni che possono di-
mostrarsi senza una conclusione
immediata e positiva; a salire scale
che portano a punti morti; a chie-
dersi se effettivamente ci sia una
via d’uscita. Quest’angosciante in-
certezza fu propria anche dei più
fortunati tra i 35.000 ebrei italiani
negli anni che seguirono la procla-
mazione delle Leggi razziali nel
1938 e l’annuncio dell’armistizio
l’8 settembre 1943. La maggior
parte tra loro trovò una non facile
via all’esilio; molti sopravvissero
nella clandestinità; e senza contare
gli ebrei uccisi in Italia, oltre 6.000
perirono nei campi di sterminio te-
deschi. Ogni visitatore si perderà ri-
petutamente
nelle
prigioni
piranesiane. Intravedrà brecce di
luce. Penserà più volte di aver indi-
viduato un itinerario, una scorcia-
toia, ma dovrà altrettante volte
tornare sui propri passi, sentirsi per-
duto, imprigionato. Una porta di
uscita esiste: situata a livello infe-
riore rispetto al pavimento dell’atrio
principale, essa impone al visitatore
di risalire verso la superficie per
guadagnare la via d’uscita o, vo-
lendo, per continuare a esplorare
nuovi spazi all’interno dell’area
museale. Non segna dunque ne-
cessariamente la fine del percorso,
che può essere ripreso nella stessa
o in una nuova direzione, ma come
fu il 1945 per i sopravvissuti, que-
st’uscita segna un momento di
passaggio, uno snodo difficile e
non automatico verso la ripresa e
la reinvenzione di vite individuali e
collettive, spossate dalla guerra e
dalle persecuzioni.
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nor easily find the route that will
take them to the exit. They are
therefore constrained to seek
solutions that they must try
without any immediate feedback,
climbing stairs that go nowhere,
asking themselves if this is the right
way out. This anguish of
uncertainty was exactly what was
experienced the more fortunate of
the 35,000 Italian Jews during the
period between the racial laws of
1938 and the announcement of
the armistice on September 8
1943. The majority of them took
the difficult path of exile; others
survived by hiding, and without
counting the Jews killed in Italy,
more than 6,000 perished in the
German concentration camps.
Each visitor is repeatedly lost in this
Piranesque prison. Catching
glimpses of light; repeatedly
thinking they have found a way
out, an exit, but each time being
turned back on their own steps,
feeling lost, imprisoned. An exit
exists. Situated at the lower level
below the ground of the main
atrium, it forces the visitor to rise
towards the surface to find the way
out, to continue to explore new
areas within the museum. The end
of the itinerary is not signed, so
that you may double back or go in
a new direction, but like those
who survived until 1945, the exit
marks a moment of passage. A
difficult task has been completed;
lives must be rebuilt after the
collective exhaustion of war and
persecution.
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1...,94-95,96-97,98-99,100-101,102-103,104-105,106-107,108-109,110-111,112-113 116-117,118-119,120-121,122-123,124-125,126-127,128-129,130-131,132-133,134-135,...
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