MEIS: architetture per un museo - page 88-89

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The Weather Project
di Olafur Elias-
son o
Sunflower Seeds
di Ai Weiwei
erano visitabili senza filtro alcuno e
gratuitamente – o l’atteggiamento
inverso, che vede il museo come luo-
go protetto, inclusivo, esaltazione
della scissione fra un mondo ester-
no ed un interno, legato all’arte. Il
duplice atteggiamento riflette il
ben più ampio tema del ruolo del-
l’arte e della sua funzione sociale.
La complessità diventa maggiore se
oggetto del museo è il tema della
memoria in generale e di quella
ebraica in particolare. Sempre gli
esempi recenti aiutano a delineare
le varie possibilità. Il Jewish Museum
di Berlino di Daniel Libeskind è
esso stesso generatore di significa-
to al punto che l’allestimento interno
sembra avere un ruolo di secondo
piano rispetto agli spazi sapiente-
mente calibrati dall’architetto ame-
ricano. Ma c’è un altro atteggia-
mento, più silente, che interpreta il
museo come contenitore. Questo
secondo orientamento, più discre-
to, si sposa meno con la costante
esigenza di immagini da “comuni-
care” o, più realisticamente, da
vendere; esigenza che, se analiz-
ziamo i musei di recente realizza-
zione come il MAXXI di Roma o i
vari Guggenheim di Bilbao o di Abu
Dhabi, sembra aver preso il soprav-
vento.
Ma il tema del MEIS richiede un’ul-
teriore riflessione, riferibile in par-
ticolare all’Italia ma non solo, che
coinvolge il tema dell’intervento
sulle preesistenze e del “recupero”.
Premise
In designing the new Museo
Nazionale dell’Ebraismo Italiano e
della Shoah (National Museum of
Italian Judaism and the Holocaust)
one must take into consideration a
number of issues which continue
to be at the centre of debates,
often fraught, of intellectual
concern nationally and abroad.
At the centre of these is the role
and significance of a museum
relative to the city that hosts it.
There are two main stances: the
museum is either seen as open
access or a closed archive. A
museum may be openly accessible
to the public, like the Tate Modern
in London with its great hall open
on both sides so that it becomes
essentially a covered square at the
service of the British capital, while
still housing major installations
such as the
Weather Project
by
Olafur Eliasson or
Sunflower Seeds
by Ai Weiwei, access to which is
seamless and without an admission
fee. Or to the contrary, a museum
may be built as a protected space
that clearly separates the world of
the museum with its treasures from
the outside world. This dual
attitude reflects the much wider
theme of the role of art and its
social function.
The issue becomes more complex
when the museum’s purpose is to
hold memories in general and
Jewish ones in particular. As before,
other recent examples help us to
examine various options. The
Jewish Museum, Berlin by Daniel
Libeskind is itself a generator of
meaning, in that the interior
arrangement seems to be
secondary to the American
architect’s carefully arranged
design. But there is another view,
more silent, that sees the museum
as a container. This second view is
more prudent, less concerned with
the ongoing need to communicate
or more realistically, to sell; a need
which, if we look at recent
museums such as the MAXXI in
Rome or the various Guggenheims
in Bilbao or Abu Dhabi, now seems
to be paramount.
But the theme of the Museo
Nazionale dell’Ebraismo Italiano e
della Shoah (MEIS) requires further
consideration which involves the
issue of intervention on the
Premessa
Progettare il nuovo Museo Nazionale
dell’Ebraismo Italiano e della Shoah
ha significato affrontare un nume-
ro rilevante di tematiche che tutto-
ra sono al centro di discussioni, spes-
so nervose, che coinvolgono la re-
altà intellettuale nazionale ma non
solo.
Al centro delle riflessioni c’è in pri-
mis il ruolo ed il significato che deve
avere oggi un museo rispetto alla cit-
tà che lo ospita. Fra i più pregevoli
esempi contemporanei si delineano
due atteggiamenti preponderanti: il
museo inteso come luogo aperto
alla città che lo ospita – viene in
mente la Tate Modern di Londra con
la grande hall accessibile a tutti su
due lati, vera e propria piazza co-
perta a servizio della capitale del Re-
gno Unito, dove installazioni come
Capogruppo / Team leader
Studio Arco
Gruppo / Team
Studio Arco (Ing. Mauro
Checcoli, Ing. Gianfranco
Gaudenzi, Ing. Ottavio
Lavaggi, Arch. Gabriele
Riguzzi)
-scape (Arch. Alessandro
Cambi, Arch. Ludovica Di
Falco, Arch. Francesco
Marinelli, Arch. Paolo
Mezzalama)
Michael Gruber
Kulapat Yantrasast
Stefano Massarenti
Collaboratori / Associates
Andrés Besomi
Dino De Santis
Simone Lapenta
Justyna Morawska
Marta Nardone
Vertov (Luca Scarzella)
Consulenti / Consultants
Prof. Ariel Toaff
Prof.ssa Maricetta Parlatore
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