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una memoria di tristezza e di
dolore.
La storia degli ebrei dispersi nel
mondo in seguito alla perdita del-
l’indipendenza politica e militare
può invero assurgere a eloquente
simbolo della molteplicità delle
valenze nascoste da interpretare
nella contemplazione dei fiorellini
accantonati nell’orto di Clio da
parte di chi passerà vicino, s’accor-
gerà di loro, e se avvertirà che
stanno per appassire prenderà
cura che i loro semi non vadano
irrimediabilmente distrutti ma
siano deposti con destrezza nel
fertile suolo dell’orto per rifiorire e
riproporre la loro enigmatica bel-
lezza ai passanti successivi. La sto-
ria degli ebrei dispersi nel mondo
nei duemila anni che corrono da
quando la potenza di Roma tra-
sformò in sterili ceneri la ricchezza
della loro nazione che aveva scon-
sideratamente mal valutato gli
effetti della violenza imperiale,
non era irrimediabilmente scom-
parsa in quel fuoco. Anzi quello
stesso vento che aveva sparso le
ceneri della ricchezza nazionale
tutt’intorno ricoprendo di nerume
tutto lo spazio circonvicino, tra-
sportò fuori da quello spazio a
mo’ di polline quanto era ancora
in grado di fecondare spazi lontani
e continuare a fiorire. È una storia
sociale di immensa produzione
materiale e intellettuale, attuata in
innumerevoli interrelazioni con le
genti che ebbero la bontà d’animo
di lasciar vivere quegli Altri in
mezzo a loro e di camminare
assieme nel cammino della vita.
Ma è pure una storia di persecu-
zioni e di dolori, di ulteriori
incendi e ceneri – nella genera-
zione di chi è oggi al di là del
mezzo del cammino della propria
vita, un incendio enorme,
abnorme, una montagna di dolore
incenerito, che non si capisce dav-
vero come esseri umani possano
aver inflitto a essere umani. Come
le storie dei potenti anche questa
storia dei deboli e marginali fa
parte del ricchissimo complesso di
male interconnesso con bene, di
manifestazioni della imperscruta-
bile potenza di Dio.
Il Museo Nazionale dell’Ebraismo
Italiano e della Shoah avrà il com-
pito di esporre questa storia alla
contemplazione dei visitatori.
Starà ormai a loro, da qualunque
parte del mondo vengano a Fer-
rara, e qualunque quantità di
tempo abbiano a disposizione, di
trasformare la propria visita al
Museo, in appello alla propria
coscienza di ricercare il marchio
della verità divina impresso su
quanto attirerà il loro interesse e
stimolerà la loro curiosità, per
assegnare in ultima analisi rinno-
vato significato alla vecchia e sem-
pre valida classica massima
histo-
ria magistra vitae
.
the goodness of soul to let live
those Others, to let them share the
walk of life. But it is also a history
of persecution and sorrow, of
other fires and ashes, and within
the lifetime of those who today
have passed the midpoint in the
walk of life, there has been an
enormous fire, abnormal; a
mountain of incinerated pain so
large that we cannot understand
how human beings could possibly
have inflicted it on other human
beings. Like the histories of the
powerful, the history of the weak
and outcast is also part of the
intricate richness in which bad is
interwoven with good, manifesting
the inscrutable workings of God.
The MEIS will have the task of
putting this history on display for
the contemplation of the visitors. It
will fall to them, from whatever
part of the world they come to
Ferrara, and however much time
they have available, to transform
their own visit to the Museum, to
call upon their own consciences to
examine the mark of divine truth,
impressing on it whatever draws
their attention or stimulates their
curiosity. In the ultimate analysis,
assigning new significance to old,
this will prove the continuing
relevance of the Classical maxim:
historia magistra vitae est
(“history
is life’s teacher” Cicero
De
Oratore
).
tettura del presente. Interpretando
l’edificio storico dell’ex carcere cit-
tadino, cinque elementi architetto-
nici si librano sulla rigorosa strut-
tura preesistente a simboleggiare i
libri della Torah. Su ciascuna
superficie, vetrata o opaca, scor-
rono alcuni passi salienti della let-
teratura ebraica, trasformando il
museo in un segnale urbano
capace di dialogare con la colletti-
vità.
Il progetto vincitore è sembrato
efficace perché, piuttosto che
come costruzione chiusa in se
stessa, si offre come uno spazio
pubblico aperto alla città, in cui
tutti sono invitati ad entrare per
condividere un’esperienza cultu-
rale. Il museo così si mette in
diretta relazione con il paesaggio
urbano e diventa un luogo dove
seguire un percorso espositivo, un
concerto, studiare o semplice-
mente passeggiare.
È significativo inoltre che tra gli
ideatori del progetto, insieme allo
studio Arco, figurino i romani
-scape, un gruppo di giovani pro-
gettisti che avrà l’opportunità di
costruire un’opera di rilievo in
quella che Bruno Zevi definì «la
prima città moderna europea».
In a recent interview published in
the newspaper, “Sole 24 Ore,”
Renzo Piano declared that “setting
up a good competition is an art,
even the administrators must
know exactly what is being asked
for and a good briefing must be
given.” I think the sense of this
advice,
which
I
share
wholeheartedly, is in recognizing
that the best instrument for
achieving a quality contemporary
building is in quality of the
competition, as happened in the
one for the MEIS in Ferrara.
Thanks to a well managed
competition, we can expect that
in a few years we will see an
exciting new building arising from
the site of the former city jail,
where five architectural structures
will soar above the harsh pre-
existing structure symbolizing the
five books of the Torah. Running
across the surfaces, whether glass
or opaque, of each structure will
be significant passages taken from
Hebrew literature, assisting in the
transformation of the Museum
into an urban sign in dialogue
with the community.
The winning project seems
successful because, rather than a
building that closes in on itself,
this a public space open to the
city, that invites everyone to enter
and share this cultural experience.
The Museum is part of the urban
landscape and becomes the place
to go for exhibitions, concerts, to
study or simply to take a walk.
It is also important that Studio
Arco is collaborating with “-scape”
from Rome, and this team of
young designers will have the
opportunity to construct a
prominent work in what Bruno
Zevi calls “the first modern
European city.”
M
ARGHERITA
G
UCCIONE
In una recente intervista al «Sole
24 Ore», Renzo Piano afferma che
«fare buoni concorsi è un’arte,
anche da parte delle amministra-
zioni, bisogna sapere esattamente
cosa chiedere e fare buoni briefing».
Credo che il senso di questa indi-
cazione – che condivido piena-
mente, riconoscendo nel concorso
il migliore strumento per promuo-
vere un’architettura contempora-
nea di qualità – si possa ritrovare
nella competizione per la sede del
MEIS, il Museo Nazionale del-
l’Ebraismo Italiano e della Shoah a
Ferrara.
Grazie a una corretta gestione del
concorso, infatti, possiamo ben
sperare che in pochi anni nella
città emiliana vedremo realizzato
un interessante esempio di archi-