Ebrei a Ferrara. Ebrei di Ferrara. Aspetti culturali, economici e sociali della presenza ebraica a Ferrara (secc. XIII-XX) - page 191

D
IBATTITO
Moderatore: Marina Caffiero
M
ARINA
C
AFFIERO
– Grazie a Keoma Ambrogio per averci fatto conoscere la figu-
ra di Contini le cui opere erano di grande valore e questo controverso piano relatore
che va avanti un po’ troppo.
K
EOMA
A
MBROGIO
– C’è uno scontro molto forte con l’ufficio urbanistico del
Comune, quindi tecnici interni. Tutti, compreso Carlo Bassi, hanno definito che Con-
tini ha creato una nuova addizione, mentre ci tenevo a specificare che Contini non
fa un’addizione ma lavora all’interno della città principalmente. È sicuramente un
piano che dà la disciplina dello sviluppo della città nel futuro, però nello stesso tem-
po dobbiamo anche dare ragione di quali sono i limiti di quel piano. A cominciare
dal Piano di sventramento di San Romano che ci porteremo dietro con Piacentini e
Michelucci che arriveranno anche ad allargare Porta Reno e San Romano quindi a
devastare zone molto importanti della città. Quindi pregi e difetti del piano che si
riverberano tutt’oggi.
M
ARINA
C
AFFIERO
– Dalla vivacissima, appassionata e appassionante relazione di
Scardino emerge l’ambiguità di questo personaggio che è anche fascista, protetto da
D’Annunzio e dalla Chiesa. Di grande bellezza, poi, sono le sue opere.
L
UCIO
S
CARDINO
– Aggiungo che, nonostante l’odio per Ferrara, forse convinto
dalla moglie che era molto cattolica, in punto di morte Minerbi ha donato varie scul-
ture al Comune di Ferrara, che le ha tutte relegate in un magazzino del Museo; per
quello vorrei che il MEIS organizzasse una mostra quasi a risarcimento, una prima
retrospettiva a Ferrara.
Un altro punto da approfondire è il rapporto difficile con la città negli anni del
dopoguerra. È rimasto polemico fino alla fine dei suoi giorni e nel 1957 pubblica un
articolo sulla “Gazzetta padana” contro la lapide di via Mazzini: era rimasto scon-
volto per la morte di tutta la famiglia di suo fratello, con il quale era legatissimo.
Senza considerare che da Ferrara era stato troppo viziato in precedenza, era lo scul-
tore ufficiale del fascismo per poi essere emarginato ed avere una sorta di gratifica
nel Vaticano negli ultimi anni. La lettera che ho letto fa parte di un
corpus
di lettere
che ha mandato da Roma e dal Piemonte, dove si era rifugiato, alla domestica che
gli dava le parziali notizie che reperiva; la figlia della domestica ha pubblicato cin-
que anni fa, a sue spese, questa manciata di lettere fra il 1938 e il 1948. I documenti
parlano da soli e questo autore non è stato ricordato neppure dall’intitolazione di una
strada: non dimentichiamo che questo scultore è nato nel ghetto ed è divenuto artista
riconosciuto in tutta Europa.
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