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to all’uccisione del presidente del Sud Vietnam Ngo Dinh Diem, Ascoli co-
minciò a mutare la linea fino ad allora tenuta nei confronti del conflitto in
Vietnam e si allineò in maniera sempre più netta in favore della guerra ap-
poggiando l’amministrazione Johnson. Questa scelta gli alienò le simpatie
degli ambienti intellettuali americani più influenti e provocò una serie di
pesanti reazioni da parte di molti affezionati lettori che mandarono alla ri-
vista lettera di condanna e di protesta.
È stata vista in questa svolta un’involuzione conservatrice del pensiero di
Ascoli. Può essere. Può anche essere vero quanto scrisse una lettrice rivol-
gendosi direttamente ad Ascoli il quale spiegava questa sua scelta sostenen-
do che egli «was dissenting from the dissenters». A questa affermazione la
lettrice rispose: «You are not dissentine from dissenters. You are just getti-
no old. It happens to all of us sooner or later»
27
.
Se ho capito qualcosa della psicologia di questo complesso personaggio,
credo che dietro questa sua scelta impopolare vi fosse prima di tutto la vo-
lontà di restare fedele ad un suo credo politico ed alla sua storia politica, la
volontà di difendere gelosamente la sua indipendenza di giudizio e la necessi-
ta di fondare sempre i giudizi su riscontri oggettivi, l’avversione per ogni ide-
ologia e per ogni retorica politica, la passione per le scelte chiare e scomode.
Completando a questo punto il ragionamento in precedenza abbozzato
circa il profilo intellettuale di Ascoli, possiamo sottoscrivere quanto scrive
Giuliana Gemelli nel suo contributo: Ascoli era sin da subito apparso agli
occhi degli interlocutori americani – Alvin Johnson in testa, ovvero il gran
regista della nasciata della New School for Social Research di New York
– un intellettuale non conformista, a
critical mind
, un uomo che seppe ri-
manere coerente ad un preciso
modus operandi
, ad una concezione del li-
beralismo e ad un’idea della libertà che aveva messo a punto con gli arti-
coli pubblicati negli anni ’20. Non dimentichiamo a questo riguardo quanto
aveva scritto nella prefazione a
Power of freedom
del 1949:
I am a liberal, and I don’t want to add any qualifying adjective. In spite of the way
this word has been abused, it is still good enough for me. I believe that freedom,
as tht title of this book suggests, is the propulsive power of civilization – a power
that men have the abiity to release and to conrol.
I also belive that this power can drive the men of our time to goals so high and so
good that we can only dimly discern them
28
.
E non dimentichiamo inoltre un altro aspetto su cui ci siamo sofferma-
ti nel nostro contributo, più legato in questo caso alla personalità stessa di
27. E. Van Cassel,
A Cold War Magazine of Causes. A Critical History of the Reporter,
1949-1968
, Leiden, 2007, p. 439.
28. M. Ascoli,
The Power of Freedom
, Farrar-Straus, New York, 1949, p. XIII.