Max Ascoli antifascista, intellettuale, giornalista - page 16

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americani e soprattutto quella di ri-orientare i programmai delle università
favorendo, ad esempio, la circolazione delle scienze sociali ormai definiti-
vamente affermatesi nel corso degli anni ’30 ed inserendo nei ranghi acca-
demici
scholars
europei
25
.
Questo genere d’impegno non è poi molto lontano da quello che ci de-
scrive James Miller parlandoci di un Ascoli perfettamente calato, alme-
no fino alla conclusione della guerra, nel ruolo di ambasciatore politico, di
“ponte” tra gli ambienti degli antifascisti e le autorità governative america-
ne e tra quest’ultime e quelle italiane: attività queste che lo collocarono –
non senza incontrare qualche problema di ordine politico e relazionale, co-
me si documenta in questo articolo – al centro di una vasta rete di rapporti
istituzionali, scientifici e politici internazionali.
In un certo senso gli anni che vanno dal 1940 al 1949 vengono utilizzati
da Ascoli per preparare il suo futuro terreno di impegno, quello che lo as-
sorbirà totalmente per circa un ventennio. La decisione di fondare una rivi-
sta come il «The Reporter» fu il frutto di una scelta a lungo meditata, co-
me conferma il bel contributo di Elke Van Cassel. Vi è, ad esempio, una
stretta continuità tra alcuni circuiti giornalistici frequentati da Ascoli negli
anni ’40 e il
board
della rivista. Lo stesso dicasi per gli ambienti governati-
vi dove aveva nel tempo costruito solidi legami e per tutto quel mondo, che
egli conosceva altrettanto bene, gravitante attorno all’Office of War Infor-
nation e all’Office of Strategic Service. Van Cassel documenta inoltre an-
che l’esistenza di stretti legami tra il «The Reporter» il Congress for Cul-
tural Freedom, la struttura che ebbe un ruolo determinante nella guerra
fredda culturale
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e la stessa Cia.
A nostro parere questa fase dell’attività di Ascoli rappresenta il punto
più alto della sua carriera pubblica e nello stesso momento anche l’inizio
della sua parabola discendente. Gli anni dedicati al «The Reporter» coinci-
sero con quelli della sua maturazione: si conclude la metamorfosi intellet-
tuale iniziata con l’esperienza dell’esilio ed Ascoli conosce la sua definitiva
affermazione nell’
establishment
culturale e politico americano. La grande
popolarità conquista negli anni ’50 con uno stile tipico del migliore gior-
nalismo investigativo, con le campagne in favore dei diritti civile e con la
battaglia contro il maccartismo e il consenso che si era conquistato negli
ambienti
liberal
americani durarono fino al 1963. In quell’anno, in segui-
25. L’attività di Ascoli viene ben descritta da R.J. Tosiello,
Max Ascoli: A Lifetime
of Rockefeller Connections
, in G. Gemelli (a cura di),
The “Unacceptables”. American
Foundations and Refugee Scholars between the Two Wars and after
, Pie-Peter Lang, Bru-
xelles, 2000, pp. 129-136.
26. Vedi F.S. Saunders,
The Cultural Cold War: The Cia and the World of Arts and
Letters
, The New press, New York, 2000 (trad. it.
La guerra fredda culturale: la Cia e il
mondo delle lettere e delle arti
, Fazi, Roma, 2004).
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