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turerebbe sulla base soprattutto di una profonda riflessione filosofica non
immune da incongruenze e contraddizioni, come è lecito aspettarsi da un
diciannovenne, ma nello stesso tempo non del tutto condizionata dagli av-
venimenti tragici ai quali egli assiste.
Scritto pochi giorni prima della disfatta di Caporetto che segnò profon-
damente la sua persona
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, questo testo, accanto ai riferimenti filosofici met-
te in luce la vastità degli interessi storici, letterari dell’allora giovane stu-
dente universitario. Furono questi anni convulsi, pieni di sollecitazioni, di
aspirazioni, di ripensamenti, di lacerazioni, come quelle che sicuramente
accompagnarono Ascoli rispetto al distacco dalla religione ebraica, collo-
cabile – stando ad una sua lettera autografa – all’estate del 1919
16
. Anni in
cui Ascoli subisce il richiamo sempre più forte della politica testimoniato
dal suo interesse, certamente non effimero per Sorel, ma destinato – come
ha messo bene in evidenza Levis Sullam nel suo contributo – a lasciare una
traccia permanente nel suo profilo intellettuale. Sono anni in cui maturano
anche altri distacchi: quello da Alessandro Levi, il suo maestro universita-
rio e quello dalla città di Ferrara che lasciò poco dopo aver conseguito la
laurea nel luglio del 1920.
Il periodo trascorso lontano da Ferrara, tra Firenze e Roma, non fu me-
no frenetico. Alessandra Taiuti ha ricostruito l’itinerario compiuto da Ascoli
tra le principali riviste italiane degli anni venti: da «La Rivoluzione libera-
le» a «Il Quarto Stato» fino a «I Quaderni di Giustizia e Libertà». Ora, ciò
che emerge con chiarezza da questa ricostruzione è il ruolo sempre più rile-
vante che Ascoli si conquista sul campo relazionandosi senza alcun timore
reverenziale con personaggi già appartenenti all’aristocrazia dell’antifasci-
smo e offrendo contributi originali alle discussioni più impegnative ospitate
dalle riviste menzionate, come quella apertasi sulla pagine della gobettiana
“La Rivoluzione liberale” sui caratteri del liberalismo
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o quella inaugura-
ta da Carlo Rosselli sull’
Autocritica socialista
ospitata sulle pagine de «Il
Quarto Stato».
Il suo
Saluto a Gobetti
, pubblicato il 27 marzo 1926 su questa stessa ri-
vista, non è solo un omaggio all’amico scomparso ma anche una presa di
distanza critica rispetto da una fase dell’antifascismo culturale che egli rite-
neva ormai chiusa e superata
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: una linea questa che ritroviamo anche nella
15. Cfr. D. Grippa,
Un antifascista tra Italia e Stati Uniti
, cit., pp. 16-17.
16. Ci riferiamo alla missiva inviata a Benedetto Croce il 27 luglio 1919, ivi riportata
alle pp. 24-25.
17. Vedi M. Ascoli,
Il gentiluomo liberale
, in «La Rivoluzione Liberale», 19 giugno 1923.
18. È qui il caso di segnalare come questo sia tutto sommato stato uno tra i pochi arti-
coli di Ascoli ad aver attirato l’attenzione degli storici italiani. Con
interpretazioni diverse
ne parlarono sia M.
Degl’Innocenti,
L’epoca
giovane.
Generazioni, fascismo e antifasci-
smo
, Lacaita, Manduria,
2000, pp. 200-210 che
M. Gervasoni,
L’intellettuale come eroe.
Piero Gobetti e le culture del Novecento
, La Nuova Italia, Firenze, 2000, pp. 415-416.