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L’antifascismo ebraico
Fu proprio questa affinità, radicata nei profondi legami con il liberalismo
ottocentesco e nei principi della libertà, dell’eguaglianza politica e della
giustizia sociale, che ispirarò quella “
naturale vocazione ebraica
” all’an-
tifascismo.
“
Nessun dubbio che anche a Ferrara qualche latifondista ebreo si sia co-
perto di grosse responsabilità, assieme agli altri, nella fase iniziale, e deb-
ba pertanto essere collocato fra i mandanti, i finanziatori, fra coloro che
dietro le quinte mettevano le ali allo squadrismo… Nessun dubbio che…
qualcuno si sia agganciato al fascismo per ambizioni personali… per am-
bizioni morali
” (Bonfiglioli, 1955)
[78]
. Ma la maggior parte degli Ebrei era-
no, come dice Bassani negli “
Ultimi anni di Clelia Trotti
”, dei “
borghe-
si
”
[79]
, che cercavano di “
prodigarsi verso la Patria che li aveva finalmente
redenti e adottati. La Patria
– era da loro intesa come –
quella ufficiale
della borghesia liberale, di casa Savoia
”
[80]
, che aveva affidato il Paese a
Mussolini perché vi ristabilisse l’ordine e perché finalmente l’Italia conse-
guisse i traguardi propri di un paese, in fase di crescita e di sviluppo.
Nei primi anni venti del ‘900, su circa 1200 iscritti alla comunità ferrare-
se, “
gli attivisti fascisti ebrei erano inferiori alle dita delle mani
” (Bonfi-
glioli, 1955)
[81]
, mentre la maggioranza esprimeva un ebraismo passiva-
mente fascista. Comunque, il consenso al fascismo non si manifestò mai
in forme entusiastiche, per tutto o per ogni manifestazione indetta dal
partito, in quanto la consolidata matrice liberale, tipica dell’ebraismo fer-
rarese, portò al rifiuto del fascismo regime, dello Stato totalitario, che
pretendeva di governare e controllare la vita di ogni individuo, dalla cul-
la alla tomba.