nelle parole dei Maestri più remoti. Per me la Beth ha anche un
altro significato: la sua linea chiusa e retta alle spalle dà un
senso immenso d’appoggio, di stabilità. Prendo a prestito una
parola inglese che contiene esattamente questo significato let-
terale: background, la terra alle spalle. Il background di ognuno
di noi sono le proprie origini, il proprio bagaglio culturale, la
propria formazione. E su questa terra certa, appoggiamo i
nostri piedi per camminare sicuri verso il futuro.
Ci siamo permessi anche un altro gioco di parole, questa volta
mutuato dall’informatica, dalla cultura e dalla tecnica del
futuro. Tutti sanno che quella che definiamo abitualmente la
“versione beta” di un programma è il prototipo, spesso ancora
imperfetto, della versione definitiva dell’applicazione. Anche
questa prima piccola mostra è il modello di prova del grande
MEIS 2.0, in cui collauderemo e sperimenteremo quelli che
nell’introduzione ho chiamato nuovi linguaggi espositivi.
In questo caso, affiancheremo al gioco visivo di tante Beth dif-
ferenti, provenienti da volumi antichissimi o da documenti più
recenti, fino ai primi esercizi dei nostri bambini nati già nel-
l’era dell’iTorà, delle didascalie che dovranno dire molto
molto di più.
Abbiamo cercato, infatti, le parole per declinare i tanti signifi-
cati di arte, cultura e storia, le luci che illumineranno i percorsi
futuri del MEIS 2.0.
Bereshit barà Elohim et ha-shammaim ve et ha-arez
, “All’inizio il
Signore creò il cielo, e la terra”. Questa è la classica traduzione
italiana del primo verso della Bibbia ebraica, della Torà. La nar-
razione della Creazione è un attestato di fede, è la premessa
fondamentale della religione del popolo di Israele: l’universo è
interamente il prodotto volontario del Dio Uno e Unico,
Trascendente e Sovrano del tempo e dello spazio. La Torà dà
per certa l’esistenza del Signore e il Suo potere travolgente.
Questa è la premessa su cui si basa tutto: il Signore ha creato
l’universo, gli ha dato la capacità di rinnovarsi e di riprodursi, e
l’ha definito “buono”.
Ma ormai avete capito che, se questa è la superficie, lo studio
ebraico non ne resta comunque soddisfatto. La speculazione
esegetica vuole più profondità e comincia con l’analisi fin
dalla prima lettera, la Beth, che però è la seconda lettera
dell’alfabeto ebraico.
Il
midrash
ci dice che, poiché la lettera Beth è chiusa su tre lati
e aperta di fronte, l’uomo non deve porsi domande sulle origini
del Signore Iddio (Ber. R. 1:10 e similmente in T.B., Hagigà
77b). Questo è il modo che hanno avuto i Rabbini dei tempi
antichi per invitarci a vivere guardando al futuro e non al pas-
sato. E il fatto che la Torà inizi con la seconda lettera, dicono i
Saggi, è l’esortazione per l’uomo a cominciare, anche se non
propriamente dal principio.
È per queste ragioni che abbiamo deciso di cominciare l’avven-
tura del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah
con una piccola mostra che giochi sulla lettera Beth e, lasciate
divertire anche me con le parole, sull’inizio ma non sul principio.
Ci si potrà domandare come mai, allora, se vi è questo straor-
dinario invito a guardare avanti, sia necessario far continuo
riferimento al passato, alla saggezza antica, al cercar significato
VERSIONE BETh
All’inizio di un percorso lungo 22 secoli