106
Max Ascoli e Ferrara
La donazione del Padiglione oftalmico per tracomatosi
finalizzato alla costruzione del Padiglione ospedaliero. Accanto a queste
motivazioni strettamente private, agì, secondo una nostra ipotesi, fonda-
ta sulla riflessione delle modalità e del significato della produzione intel-
lettuale dello studioso ferrarese, anche un imperante motivo “sociale”.
L’obiettivo, presente fin dalle opere giovanili di Ascoli, era di migliorare
le condizioni e la qualità di vita della sua terra, tormentata, fin dal tempo
degli Estensi, dal persistere del “vecchio male” endemico della povertà e
della disoccupazione.
La sua produzione intellettuale era rivolta, per consonanza di lessico e di
contenuti, agli intellettuali e alla classe dirigente del suo paese, affinché
fosse recepita la necessità e l’urgenza di crearvi democratiche condizioni
di vita. Il vero scopo, l’ultimo fine del suo complesso percorso pedago-
gico politico, era, però, la creazione di concrete strutture che miglioras-
sero tangibilmente la vita del popolo del ferrarese e della sua terra. E al
popolo senza nome e senza volto, era appunto riservata la nuova strut-
tura ospedaliera, perché vi trovasse un certo sollievo alle sue sofferenze,
perché il suo dolore fosse sopito con soluzioni concrete.
A nostro parere, la nuova costruzione ospedaliera dava così compimento,
nell’autentica prassi, alle idee che, pienamente formulate sul piano teori-
co, erano rimaste per lunghi anni perfette nelle loro sistemazioni logico-
deduttive, ma pur sempre non inverate, in precise e determinate entità.
Uomini di fiducia, legati a Max Ascoli da rapporti di amicizia e di paren-
tela, fecero parte dello staff che tesseva i rapporti con il Consiglio di Am-
ministrazione dell’Arcispedale S. Anna, e soprattutto, seguiva i lavori del-
la veloce edificazione della struttura.
L’avv. Ireneo Farneti, mandatario espresso e speciale del Max Ascoli
Fund. di New York, agiva come procuratore generale per le pratiche no-
tarili e burocratiche
[4]
; l’avv. Massimo Levi, cugino, compagno di classe
degli studi liceali e fidato amico, con il quale Max aveva condiviso le fre-
quentazioni di casa Rosselli a Firenze e gli entusiasmi rivoluzionari gio-
vanili, era il referente per gli acquisti dei materiali necessari
[5]
; il dott. Ma-
rio Verzella era l’esperto ed il responsabile per la dotazione specialistica
della clinica, che doveva risultare all’avanguardia per le attrezzature ocu-
listiche impiegate. Il progetto della costruzione era affidato agli architetti
Gaspare e Luigi Lenzi di Roma; mentre il direttore dei lavori era l’ing.
Carlo Savonuzzi.