Torre della Vittoria
Edificio commemorativo progettato da Girolamo Savonuzzi per volontà di Italo Balbo, prospiciente Piazza Trento Trieste. In stile neomedievale, è sede del Sacrario dei Caduti della I guerra mondiale, ospitante la Vittoria del Piave incatenata dello scultore Arrigo Minerbi.
Storia dell'edificio
La Torre della Vittoria è il totale rifacimento della preesistente torre di Rigobello, crollata nel terremoto che aveva colpito Ferrara nel 1570.
Fu fortemente voluta da Italo Balbo, fondatore del Fascio ferrarese e a quel tempo sottosegretario al Ministero dell’Aeronautica e dall’amico fraterno Renzo Ravenna, dal 1926 podestà di Ferrara. Il fascismo attribuiva ai Monumenti dei Caduti di Guerra lo spirito del nazionalismo e l’idea della sacralità della guerra, nella prospettiva di una pedagogia politica dell’obbedienza e del sacrificio. Il quotidiano ferrarese «Il Corriere Padano», diretto da Nello Quilici, promosse per la costruzione della Torre una sottoscrizione pubblica, a cui aderirono 4000 contribuenti per la maggior parte provenienti dalla comunità ebraica; Balbo offrì 500 lire e il podestà Ravenna 200 lire.
L’edificio fu inaugurato il 1° novembre 1928 alla presenza del re Vittorio Emanuele III e delle massime autorità locali.
L’attuale proprietà è municipale. L’accesso è consentito giornalmente al solo Sacrario dei Caduti.
L’accesso alla Torre non è consentito al pubblico, se non in particolari occasioni
Descrizione dell'edificio
Concepita come un mastio, la torre si erge per un’altezza di 57 metri su di una struttura composta da uno scheletro in cemento armato tamponato da tipici mattoni rosati prodotti dalle locali fornaci, interrotto in maniera cadenzata sugli spigoli da cantonali in pietra d’Istria, che oltre a svolgere una funzione di rinforzo del tamponamento stesso richiamano il bicromatismo delle torri del vicino castello Estense. Sulla sommità coronata a merlatura ghibellina e sorretta da beccatelli, fu posta nel 1928 una campana fusa con i bronzi dei cannoni austriaci, sostenuta da sei aquile e decorata da un’iscrizione celebrativa e dalle immagini dei protettori di Ferrara, San Giorgio e San Maurelio.
Nella parte inferiore della costruzione e direttamente accessibile dalla strada si apre, introdotto da un grande arco ogivale, un sacrario voluto dall’amministrazione fascista per onorare i ferraresi caduti nella prima guerra mondiale. Il sacello è coperto da una grande volta a crociera, i cui spicchi portano alla maniera trecentesca una decorazione costituita da un profondo blu notturno trapuntato da stelle dorate.
Al centro del sacello si innalza sopra un alto cippo, la statua in bronzo dorato realizzata dallo scultore ferrarese Arrigo Minerbi nel 1928, che rappresenta la Vittoria del Piave incatenata. È una figura femminile nuda, che si chiude dolente nelle sue lunghe ali, per una vittoria monca che ha visto morire troppi giovani soldati nella cosiddetta battaglia del Solstizio, avvenuta sul Piave nel giugno del 1918. La personificazione della vittoria aveva grande fortuna nell’impiego delle allegorie all’interno delle celebrazioni di guerra e nel caso di Minerbi la totale nudità della Vittoria, trattenuta da ceppi che le legano le gambe a un basamento di un ponte sul Piave, rappresenta secondo la tradizione classica, il miglior attributo della scultura eroica.
Sul basamento della statua è incisa un’epigrafe latina la cui traduzione (Gualtiero Medri) recita: Me / sopra le onde della battaglia / avvinta tennero i vincitori / me ora integra conservate / o cittadini / e a quelli trascorsi legate propizi fatti futuri. L’intradosso dell’arco ogivale d’ingresso porta la scritta, dettata dal direttore della Biblioteca Ariostea Giuseppe Agnelli: Heroum Memoria Perpetuo Revirescit.
Il sacello è chiuso da un cancello di ferro battuto progettato da Savonuzzi con un elegante disegno di gusto liberty.
Costruita tra il 1926 e il 1928 utilizzando una struttura a gabbia in cemento armato, tamponata con un paramento in mattoni consolidato negli spigoli da distanziati cantonali in pietra. L’abbandono della messa in opera di una muratura tradizionale era dovuto a un fattore economico, che eliminava l’impiego di tempi e di costi più elevati.
La scelta dello stile neomedievale per strutture che dovevano richiamare valori di comunità e di libertà rientrava nelle concezioni tardoromantiche del restauro, che vedevano nell’architettura del Medioevo la possibilità di uno stile nazionale, che potesse esprimere ideali di autonomia politica e civile.
La Torre è apparentemente ben conservata e non ha subito interventi che abbiano intaccato il suo ormai consolidato aspetto neogotico.
Collocazione nel contesto urbano
Il fascismo invase grandi e piccoli centri urbani con monumenti che celebravano l’eroe di guerra, ritenuto l’anticipatore della figura dell’eroe fascista. La Torre della Vittoria e l’adiacente Palazzo Municipale furono gli unici edifici pubblici a Ferrara che, facendo leva sul sentimento patriottico e nazionalista, coinvolsero per la loro edificazione i contributi finanziari della popolazione.
Il rinnovamento di Ferrara pianificato dal binomio Balbo-Ravenna per riqualificare l’intero tessuto urbano e riportare la città agli splendori rinascimentali, vedeva crescere contemporaneamente in quegli stessi anni altre strutture pubbliche, come il Teatro Nuovo (S. Boari), lo stadio (G. Gandini, C. Savonuzzi), la scuola elementare Poledrelli (G. Savonuzzi), il Palazzo delle Poste (A. Mazzoni), impiegando i migliori professionisti locali.
La Torre, per il suo centrale posizionamento e la sua possente presenza dialoga con il campanile albertiano della Cattedrale e la Torre dei Ribelli, ricostruita con caratteri novecentisti da Marcello Piacentini dal 1954 al 1956. Inoltre dal punto di vista architettonico e urbanistico segna il confine dell’originaria area residenziale ducale che si chiude a nord-est con il Castello Estense.
La Torre appartiene al complesso del Palazzo Municipale e quindi mantiene la sua importanza storica e civica. Il sacrario, dedicato dal secondo dopoguerra ai Caduti di tutte le guerre, mantiene viva la memoria di quanti sono caduti in nome della libertà
L'edificio negli itinerari turistici
La centralità della Torre permette velocemente di raggiugere i principali monumenti della Ferrara Medioevale.
Vincolato dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio, l’edificio è ora parte dell’itinerario Ferrara città del Novecento
Note
Scheda a cura di Ulisse Tramonti e Barbara Pizzo
Bibliografia
- Bassi, Carlo, Peron, Marica - Savioli, Giacomo, Momenti dell’attività dell’ingegnere Ciro Contini a Ferrara fra 1910 e 1913, con una appendice, in Ferrara disegnata. Riflessioni per una mostra, Arstudio C, Portomaggiore (Ferrara) 1986
- Lucio Scardino, Itinerari di Ferrara moderna, Alinea Editrice , Ferrara 1995
- Lucio Scardino, Arrigo Minerbi e gli scultori della Fornace Grandi a Bondeno, Ferrara 1998
- Andrea Poggiali, I segni della guerra. Lapidi e monumenti in provincia di Ferrara, ai caduti italiani nel XX secolo, Volume II, Claudio Nanni Editore, Ravenna 2002
- Ilaria Pavan, Il podestà ebreo. La storia di Renzo Ravenna tra fascismo e leggi razziali, Laterza, Bari 2006
- Antonella Guarnieri, Il fascismo ferrarese. Dodici articoli per raccontarlo, Tre Sogni, Ferrara 2011
Sitografia
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Ente Responsabile
- Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara