Giardino delle Duchesse
Da questo giardino, creato nel 1481 e fiancheggiato da due logge, si giungeva al castello. Locus amoenus per eccellenza potrebbe aver ispirato l’Ariosto dei giardini immaginari che si trovano nell’Orlando, quello della maga Alcina, di Logistilla.
Il “locus amoenus” di Ariosto
La Ferrara di Ludovico Ariosto non era solo un centro sicuro, protetto dalla incursioni belliche grazie abilità dei Duchi d’Este e per meritò di uno strategico sistema difensivo. La città era anche uno scrigno di amenità. Giardini e orti dove pareva eterna la primavera, si intarsiavano nel tessuto urbano non come ornamento, ma in maniera complementare alla struttura architettonica. Erano, questi, espressione dell’abilità dell’uomo nell’intervenire sulla natura ad arte, sintetizzando lo spazio dell’uomo rinascimentale in cui la razionalità scientifica e il bello ideale trovavano una loro conciliazione.
ma quivi era perpetua la verdura,
perpetua la beltà de’ fiori eterni:
non che benignità de la Natura
sì temperatamente li governi;
ma Logistilla con suo studio e cura,
senza bisogno de’ moti superni
8quel che agli altri impossibile parea),
Sua primavera ogni forma tenea.
(O. F. X, 63)
Di questi luoghi, oggi perlopiù scomparsi, ci restano i nomi e le descrizioni presenti in documenti e preziose testimonianze. Tra queste è quella dell’Ariosto, che li evoca in meravigliose descrizioni all’interno del suo Poema, trasfigurandoli in luoghi fatati abitati dalle maghe Alcina e Logistilla, donne in grado di soggiogare la mente di ogni visitatore:
su per la soglia e fuor per le colonne
corron scherzando lascive donzelle,
che se i rispetti debiti alle donne
servasser più, sarian forse più belle.
Tutte vestite eran di verdi gonne,
e coronate di frondi novelle.
Queste, con molte offerte e con buon viso,
Ruggero fecero entrar nel paradiso:
che si può ben così nomar quel loco,
ove mi credo che nascesse Amore.
…
(O. F. VI, 72-73)
Uno spazio unico
Il Giardino delle Duchesse è realizzato tra il 1473 e il 1481 su commissione di Ercole I d’Este. La sua progettazione rientra all’interno dei lavori di ampliamento del Palazzo Ducale che disponeva di due aree aperte, il Cortile Ducale e poco più avanti, adiacente, aperto verso il cortile del Castello, il Giardino. Questo spazio, prima utilizzato dalla servitù come rimessa, stalla, legnaia era collegato direttamente alla Castello attraverso l’antica Via Coperta. Nonostante gli eventi storici abbiano radicalmente cambiato lungo i secoli la destinazione d’uso di questo luogo, tanto che risulta difficile ricostruire la sua esatta struttura, la documentazione oggi esistente consente di risalire al suo aspetto alla fine del XVI.
Su un’area di circa 3000 mq si disponeva una ben orchestrata, variegata vegetazione, tra arbusti, alberi e piante aromatiche, siepi di bosso e alberi da frutto, che, in consonanza col gusto rinascimentale e il clima teatrale che animava le sale e le piazze del Palazzo Ducale, suggerivano l’dea di una elegante quinta scenografica. La loro disposizione seguiva uno schema a croce al cui centro era collocata una sontuosa fontana dorata, che il Penna data al 148, a cui si accompagnavano 2 logge, sullo stile architettonico di Leon Battista Alberti, già riscontrabile nell’arco del Volto del Cavallo.
La fine del "paradiso" estense
Il Giardino delle Duchesse è solo uno dei pochi visibili, superstiti a quella damnatio memoriae attuata dai cardinali legati a dal 1598, nell’anno che segna la devoluzione di Ferrara allo stato Pontificio e l’uscita degli estensi. Si attua una vera volontà di cancellazione di quel paesaggio paradisiaco che gli Est,e con Ercole e con Alfonso, erano riusciti a creare all’interno della cinta muraria, lasciando i giardini all’incuria e all’oblio. Nelle parole di Albero Penna si trova tutta l’amara nostalgia per quei luoghi scomparsi: “più non s’incontrano altrimenti Giardini, non Laberinto, non Uccelliera, non Grotte, e non fonti per essere stati tutti rovinati, disfatti e spianti; Più non si discerne Peschiera, per essere stata ripiena di letame, et uguagliata al suolo; Più non Vigne, non Pergolati, e non fruttari, per essere stati tutti tagliati, e sradicati” (Penna,1671).
I giardini, gli orti, i labirinti, le grotte, le uccelliere, elencati dal Penna rappresentano una delle caratteristiche che contribuirono a decretare la fama e il prestigio degli Este nel mondo, ovvero l’aver saputo trasformare in maniera egregia una terra di paludi in un giardino, offrendo l’immagine di una corte come un paradiso terreste: “la città luogo del potere, ma di un potere che fa leva sull’immagine costruita dal mito di una libertà interiore di cui quella corte è garanzia e, nello stesso tempo, ideale architetto”. (Venturi, 1996)
Bibliografia
- Alberto Penna, Descritione della porta di San Benedetto della città di Ferrara, Mattio Carodin, Padova 1671
- Giulio Bertoni, L’Orlando furioso e la Rinascenza a Ferrara, Cav Orlandini, Modena 1919
- Luigi Napoleone Cittadella, Notizie amministrative, storiche, artistiche relative a Ferrara (1868), Forni Editore, Bologna 1969
- Renzo Renzi (a cura di), Ferrara, il Po, la Cattedrale, la Corte dalle origini al 1598, edizioni Alfa, Bologna 1969
- Bruno Zevi, Saper vedere l'urbanistica: Ferrara di Biagio Rossetti, la prima città moderna europea, Einaudi, Torino 1971
- Antonio Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, Francesco Pomatelli, Ferrara 1971
- Ludovico Ariosto, Cesare Segre, Orlando furioso, I Meridiani Mondadori, Milano 1976
- Gianni Venturi, La rinascita del giardino che non c’è, in «Ferrara. Voci di una città», III, 5, dicembre, 1996, Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara
Sitografia
- http://www.ferraraterraeacqua.it/it/ferrara/scopri-il-territorio/arte-e-cultura/giardini-parchi-storici/il-giardino-delle-duchesse
- http://old.castelloestense.it/delizie/ita/approfondimenti/penna.html
- http://www.artecultura.fe.it/1623/giardino-delle-duchesse
- http://rivista.fondazionecarife.it/it/component/k2/item/418-la-rinascita-del-giardino-che-non-c%C3%A8
Fototeca
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Ente Responsabile
- Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara
Autore
- Stefania De Vincentis