Scheda: Luogo - Tipo: Edifici monumentali

Montagnola del Barchetto e la delizia della Rotonda

Dettaglio della Punta della Montagnola in sezione, pianta seconda metà del XVI secolo (Modena, Archivio di Stato, Mappario Estense, Topografie di città, 66 ©)

La Rotonda o delizia della Montagnola: una delle residenze estensi più curiose e suggestive, ricavata nel complesso architettonico del rossettiano Torrione di Francolino.

 


Notizie dal: 1529

Trasformazione: 1550
Il Torrione di Francolino diventa una struttura abitativa per volere di Ercole II d'Este

Distruzione: 1616

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  • abitazione | mura

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  • Delizia della Montagnola | Rotonda | Punta della Montagnola | Ercole II d'Este

Un torrione che diventa palazzo

Già documentato nel 1529, il rilievo di terra oggi visibile è quanto rimane dei tre “cavalieri” o montagne artificiali fatte erigere dal duca Alfonso I d'Este (1476-1534) in tre punti strategici del circuito fortificato cittadino: la “Montagna di Sopra” a sud-ovest, posta dirimpetto all'isola di Belvedere, a guardia del fiume che lambiva la città; la “Montagnola del Barchetto” in origine di forma pentagonale, a nord-est a ridosso del Torrione di Francolino; e la “Montagna di Sotto” o “di San Giorgio”, la più possente, innalzata sull'omonimo baluardo sudorientale. Concepite come strumenti di offesa militare (come punti di avvistamento e di posizionamento delle bocche da fuoco), le alture artificiali ferraresi si trasformarono negli anni di signoria di Ercole II d'Este (duca dal 1534 al 1559) in “montagne del Paradiso” ricoperte di erbe ed essenze floreali, contraddistinte dalla presenza dell'acqua ivi condotta artificialmente con congegni idraulici. Da queste sorgenti di vita, l'acqua scendeva per i pendii attraverso rivi mattonati e con tutta la sua forza, cinetica e catartica, penetrava le terre del Barchetto verso la Certosa, ossia il parco con giardini e serragli di animali esclusivamente fruibile dal duca e dalla sua corte.

A partire dal febbraio del 1550, Ercole II d'Este fece trasformare il rossettiano Torrione di Francolino in una vera e propria struttura abitativa, denominata Rotonda, esaltata in versi proprio in quell'anno dal poeta Vincenzo Brusantino (Brusantino 1550, XVII, 91-92):

 

Ecco il Barchetto, in cui li valorosi

gioveni aranno li eserciti franchi

di maneggiar cavalli e aperte strade

di correr lancie ed adoprar le spade.

Il vago torrione, che circonda

in guisa di palagio così altiero,

vedete nominato la Rotonda

del fianco adorna, insieme, e il cavalliero.

La stanza è sì piacevole e gioconda

che noglioso discaccia ogni pensiero,

e rende da lontan soavi odori

cedri, naranzi ed altri vaghi fiori

 

Di questa perduta fabbrica abbiamo un riferimento cartografico del 1569 che mostra l'aspetto esterno del palazzo così come appariva durante un grandioso torneo acquatico, L'Isola Beata, rappresentato nella fossa che circondava il terrapieno della Montagnola la notte del 25 maggio di quell'anno. Il bel disegno testimonia un allestimento scenografico che coinvolse i più valenti artisti di corte, tra cui Marcantonio Pasi, ideatore del gran palazzo rustico a sinistra, e Pirro Ligorio, progettista delle macchine acquatiche e dei mostri marini.

Le attestazioni documentarie rinvenute pochi anni fa da Andrea Marchesi consentono di confermare l'autenticità architettonica (e non effimera) della struttura edificata presente nella parte destra del disegno. Visti dall'esterno, il massiccio torrione e il segmento posto a destra presentano prospetti suddivisi a intervalli regolari da lunghissime lesene, con capitelli dorici che separano tra loro finestre e nicchie al di sotto delle quali si intravedono finte quadrature con cornici in rilievo. È il trionfo della finzione. Tutto pare di marmo, ma la pietra viva è qui ricreata interamente con lo stucco, così come gli effetti di profondità sono dati da degradanti campiture coloristiche.

La probabile collocazione all'interno del grande torrione circolare della camera da letto di Ercole d'Este, di forma ottagonale con volta affrescata da Camillo Filippi con l'impresa della Occasione e Penitenza, o della “Camara tonda” con una delle fatiche dell'Ercole mitologico dipinta sempre dal Filippi, aiuta a cogliere in pieno un aspetto fondamentale della personalità del quarto duca estense: da Quintilliano a Petrarca, passando per la tradizione agiografica, soltanto la solitudo ricercata nella pace della natura permetteva di elevare lo spirito ad una dimensione di alta qualità morale. E proprio gli affacci dalle grandi finestre della Rotonda consentivano a Ercole di bearsi dei silenzi del vasto e boscoso Barco.

Il contesto paesaggistico dialoga con la struttura architettonica recependone e amplificandone i significati. Muri esterni della fabbrica rivolti verso i giardini e quelli della loggia erano completamente affrescati con paesaggi dal pittore Luca d'Olanda, o “Luca fiamingo”, collaboratore di Giulio Romano nei cantieri gonzagheschi di Marmirolo e Palazzo Ducale e operante in terra ferrarese a partire dal 1545. Ruscelli artificiali irrigavano geometrici giardini di narcisi e oleandri, delimitati da cornici di bosso e cespugli di mora, mentre i crocicchi dei sentieri erano marcati da decine di vasi con piante di arancio e limoni. A occidente, verso la residenza di Belfiore del cardinale Ippolito II d'Este, ampi e lunghi recinti consentivano agli struzzi di correre liberamente: non poteva mancare l'elemento spettacolare orientaleggiante che faceva del sito un luogo davvero edenico.

Anche l'animo meno immaginoso poteva trovare in questa originale fabbrica forti coinvolgimenti emotivi. Vista dall'esterno, la Rotonda sembrava sospesa sullo specchio d'acqua che lambiva l'intero circuito delle mura, suscitando l'impressione di una fiabesca leggerezza: qual miglior quinta alle magiche evoluzioni sceniche dell'Isola Beata.

Un passo della lettera che Teodoro da San Giorgio spedì al duca di Mantova il 20 aprile 1580, testimonia in maniera esemplare il significato assunto dalla Montagnola con Alfonso II d'Este, figlio di Ercole. Il cortigiano, nell'informare Guglielmo Gonzaga circa le occupazioni quotidiane della corte di Alfonso, riferisce che il giorno precedente un'allegra comitiva di nobili, tra cui il figlio Vincenzo Gonzaga, si recò ad assistere una commedia in corte dopo aver fatto ritorno dalla Montagnola, “dov'erano tutte le donne, li cavalieri, l'armi e gli amori”. Solo la magistrale citazione dell'incipit dell'Orlando furioso poteva identificare al meglio quei valori cavallereschi ed epico-cortesi permeanti la signoria dell'ultimo duca ferrarese, formatosi culturalmente in età giovanile alla corte dei re di Francia.

La frescura della Rotonda pare abbia attratto nei mesi estivi buona parte della numerosa corte alfonsina, che qui si abbandonava alla piacevolezza di lunghi banchetti, conviti musicali e tornei cavallereschi di ariostesca memoria: non è un caso se proprio in questo sito, nel maggio del 1581, Torquato Tasso, avrebbe voluto far rappresentare una sua favola pastorale, l'Aminta, di fronte ad una prestigiosa platea di principi italiani.

 

La distruzione

La fabbrica della Rotonda venne completamente atterrata nel 1616, causando un grande sfregio architettonico, oltre che estetico-paesaggistico e storico-artistico rimasto impresso nella memoria dei testimoni oculari, tra cui Alberto Penna, che così ammonisce:

Più non si vede il Palazzo ritondo, essendo stato gittato a terra da fondamenti; la Montagnola istessa più non è all'altezza sua solita, più non vi sono Horti, più non Giardini, più non Compartimenti, più non Viali, non Boschi, non Parco, non fruttari, non fiori, non Siepi, non Arbusti, non Vasi, non Cedri, non Ulivi, e più non altro che Prato, Pascolo, fenile, e Mandra da Vaccine, al qual uso è stata convertita, e destinata la già detta pianura, nella quale si scorgono per ultimi avanzi alcuni pochi Olmi nel mezzo, che mostrano i rimasugli de due stradoni che andavano alla Porta, che imbocca la strada di Santa Lucia, et dall'altra detta del Parchetto hoggidì anc'essa disformata a misura del restante.

Dell'antico complesso, rimangono l'imboccatura di una ghiacciaia (incastonata in un piccolo rilievo di terra) e la montagnola decurtata, salendo la quale e volgendo lo sguardo verso il Castello estense, si nota l'ampia presenza di terreni verdeggianti, rimasti vergini fin dagli anni dell'Addizione Erculea del 1492.

 

L'eco della Montagnola

Secondo la testimonianza di Francesco Avventi, ancora nei primi decenni dell'Ottocento nei pressi della Montagnola si poteva riscontrare un particolare effetto acustico:

Girando le mura della città, da questo lato, incontrasi un punto indicato da una colonnetta di marmo, ove un Eco meraviglioso ripete distintamente fino a due interi versi endecasillabi, quando vengano pronunciati ad alta voce, e con speditezza di lingua; e siccome l'angolo di ripercussione trovasi posto a molta distanza dallo sperimentatore, così rimane ad esso il tempo di udire chiaramente ripetersi le pronuciate parole, ciò che rende quest'Eco uno de' più speciosi e distinti, fra quanti sono fin'ora conosciuti.

 

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara