Palazzo Ducale
Il Palazzo Ducale d’Este, oltre a essere il centro del potere cittadino, era il luogo in cui gli estensi amavano esibire la loro passione per feste e spettacoli teatrali. Nella piazza antistante il palazzo e nei luoghi ad esso adiacenti l’Ariosto allestì per la corte numerose rappresentazioni tratte da testi plautini e le sue stesse commedie: Cassaria, I Suppositi, La Lena.
Ariosto trionfa in teatro
Luoghi deputati alla rappresentazione teatrale erano il Cortile del Palazzo Ducale, la Sala del Palazzo della Ragione, la Piazza del Duomo e soprattutto la Sala del Palazzo Ducale. Questa ultima sala divenne per volere di Ercole II d’Este, figlio di Alfonso un vero e proprio spazio scenico. Lì fu allestito un palco con una scenografia raffigurante una piazza con case, chiese e botteghe che ricordava il paesaggio di Ferrara. Tale teatro, però, scomparve nel dicembre del 1532 a causa di un incendio sviluppatosi nella sottostante bottega dello speziale. In questa sala venne rappresentata, durante il carnevale nel 5 marzo del 1508, una delle commedie di Ludovico Ariosto, la Cassaria. L’opera si distingueva per la novità della narrazione, infatti si trattava di un’opera originale e non di una traduzione dal latino che caratterizzava le commedie di derivazione plautina del tempo. A questa caratteristica si univa un ingegnoso allestimento scenografico progettato da Pellegrino Prisciani che contribuì a decretare l’immediato successo e unanime riconoscimento della commedia.
La lettera del 1508 di Bernardino Prosperi a Isabella d’Este offre una precisa recensione della rappresentazione rimarcando l’originalità della Cassaria sulle traduzioni delle commedie di Terenzio: «Lo suggetto fu bellissimo, de due innamorati in due meretrice condutte a Tharanto da uno ruffiano, dove ge andò e tante astuzie e inganni e tanti novi accidenti e tante belle moralità e varie cose in quelle de Terencio non ge ne è a mezzo […] Ma quello che è stato il meglio in tutte queste feste e rappresentazione, è stato la scena dove sono rappresentate, quale a facto M.ro Peregrino depinctore che sta col S.re, ch’è una contracta e t prospectiva de una terra cum case, chiesie, torre, campanili e zardini, che la persona non se può satiare a guardarla per le diverse cose che ge sono, tutte de inzegno e bene intese, quale non credo se guasti, ma che la salvarono per usarla del’altrefiate». (Coluccia 2001, pp. 41-42).
Dalla commedia al Furioso
Ludovico Ariosto inizia la sua attività come commediografo già da adolescente, mette in scena in casa propria e aiutato di fratelli la Tragedia di Tisbe. È sotto Ercole I d’Este, per cui lavorerà a vent’anni come stipendiario di corte, occupandosi delle traduzioni delle commedie latine. Presso la corte di Ercole e di Alfonso avrà modo di rappresentare tra il 1508 e il 1509 le sue prime commedie, la Cassaria e i Suppositi, e si dedicherà al resto della sua produzione teatrale che culminerà nel 1528 con la sua commedia di maggior successo, la Lena. Non riuscirà però a terminare la sua ultima commedia, Gli Studenti.
Il lavoro a corte gli permetterà di familiare con l’universo culturale e artistico che gravitava attorno alla casa d’Este attratto dal fervore e dall’apertura culturale promossa dagli estensi. Artisti come i Dosso, Tiziano, Bellini, Garofalo, Mazzolino, contribuirono a ispirare la fantasia del Poeta. A testimonianza dei contatti e delle frequentazioni con gli aristi del periodo interviene l’episodio legato alla rappresentazione di un’altra commedia ariostesca, I Suppositi. Dopo esser stati rappresentati a Ferrara nel 1509 dentro il teatro Ducale, la commedia fu messa in scena a Roma nelle sale di Palazzo Vaticano il 6 marzo del 1519. Per l’occasione l’Ariosto poté avvalersi delle scene dipinte da uno dei grandi artisti che gravitava alla corte di papa Leone X: Raffaello. Quella dell’Ariosto è una tensione scenica che traspare anche nei versi del Furioso dove emerge un ritmo e un’espressività tipicamente teatrale, dove la corte è coinvolta direttamente sia come spettatore che come protagonista, accentuando quell’alternanza tra finzione e realtà propria della fantasmagoria dell’ariostesca.
Non vi mancava chi, cantando, dire
D’amor sapesse gaudii e passioni,
o con invenzioni e poesie
rappresentasse grate fantasie.
(O. F. VII, 19)
Struttura
L’attuale Palazzo Municipale è l’originario palazzo Ducale estense la cui edificazione ha inizio nel 1264 in un’area antistante la Cattedrale. Ultimato nel 1283, è stato adibito a dimora estense fino al 1598, quando Ferrara divenne una legazione pontificia. Nel 1285 appare per la prima volta menzionato come “Palacium Marchionis”. Il prospetto principale si affacciava su piazza Duomo e il fianco costeggiava l’attuale via Cortevecchia: all’incrocio dei due corpi di fabbrica si trovava la Torre di Rigobello. Ingrandito progressivamente verso nord, raggiunse le attuali dimensioni alla fine del Quattrocento rimanendo residenza degli Estensi fino al XVI secolo. L’assetto del complesso architettonico ha subito diverse modifiche, sia ad opera di Nicolò II che con Ercole I d’Este, che ne definì l’aspetto finale incaricando dei lavori, a partire dal 1471, l'architetto ducale Pietro Benvenuti. La struttura si orchestra intorno al Cortile principale, oggi Piazza Municipale, e al giardino delle Duchesse, noto per le sua natura paradisiaca e per il suo loggiato.
Sul lato ovest dell'attuale piazza Municipale si trovava la loggia a due ordini sovrapposti, a nord l’appartamento delle Duchesse, al quale appartengono le otto finestre in marmo bianco, e la Cappella di Corte, eretta per la moglie di Ercole I, Eleonora d’Aragona. Anche lo Scalone Municipale, ingresso ufficiale della residenza ducale, risale agli interventi di Pietro Benvenuti. Ercole I aveva provveduto ad allestire una prima serie di stanze destinate a diventare il suo appartamento “segreto” nell’ala settentrionale del Palazzo di Corte, verso il Castel Vecchio: le cosiddette “camere dorate” così chiamate per le decorazioni in stucco e foglia d’oro che risplendono dall’alto del suo sontuoso soffitto ligneo. Si parla poi di altri locali fatti costruire dal duca a proprio uso, come l'oratorio, uno studiolo, un bagno con caldaia e vasca, alcuni dei quali rivolti ad ovest e affacciati su un giardino interno “segreto”. Per le feste e gli spettacoli teatrali veniva usata da Ercole I la Sala Grande: lunga 70 metri, occupava il piano nobile ed era affacciata sull'attuale Corso Martiri della Libertà, dove si trovava la Loggia di Piazza: entrambe furono distrutte dall’incendio del 1532.
I luoghi ariosteschi
Al Cinquecento risalgono anche i lacerti di affreschi ancora presenti nel Salone delle Lapidi, che raffigurano stemmi e soggetti mitologici. Importante per la storia di Ariosto è la via Coperta, un edificio posto su cinque arcate che collega ancora oggi il palazzo ducale al Castello Estense. Questa struttura assunse un assetto architettonico compiuto con Ercole I d’Este, durante quelle opere che mirate a rendere il Castello una residenza Estense. Ma fu con Alfonso I d’Este che quest’area divenne il simbolo della forza che il dominio degli Estensi esercitavano sulla città. Attraverso questa via si collegavano in maniera unitaria e apparentemente inespugnabile la sontuosa residenza ducale con il fulcro del controllo militare sulla città. Ma ciò che rese questa struttura davvero celebre fu la costruzione di ulteriori piani al di sopra del corridoio di collegamento. Qui il Duca allestì i suoi due studioli sospesi, lo Studio dei Marmi e il Camerino delle Pitture che vennero poi sempre noti come “Camerini di Alabastro”. Per decorare questi ambienti il Duca chiamò artisti come i Dosso, Tiziano, Bellini e Antonio Lombardo dando vita a una delle collezioni più prestigiose del Rinascimento italiano, opere che Ariosto ebbe sicuramente modo di vedere durante la loro realizzazione restandone probabilmente suggestionato.
Di questi spazi ora inclusi nel percorsi espositivi del Castello e di cui sono state smembrate le collezioni in alcuni tra i più importanti musei del mondo, resta evidente il balcone in marmo che chiude la via coperta affacciandosi su Piazza Savonarola.
Bibliografia
- Girolamo Baruffaldi, La Vita di Lodovico Ariosto, Bianchi e Negri, Ferrara 1807
- Giulio Bertoni, L’Orlando furioso e la Rinascenza a Ferrara, Cav Orlandini, Modena 1919
- Gianna Pazzi, Ferrara antica e Ferrara d'oggi (1000-1927), Lunghini & Bianchini, Firenze 1929
- Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall’anno 1476 sino al 1504, Zanichelli, Bologna 1949
- Luigi Napoleone Cittadella, Notizie amministrative, storiche, artistiche relative a Ferrara (1868), Forni Editore, Bologna 1969
- Renzo Renzi (a cura di), Ferrara, il Po, la Cattedrale, la Corte dalle origini al 1598, edizioni Alfa, Bologna 1969
- Bruno Zevi, Saper vedere l'urbanistica: Ferrara di Biagio Rossetti, la prima città moderna europea, Einaudi, Torino 1971
- Ludovico Ariosto, Cesare Segre, Orlando furioso, I Meridiani Mondadori, Milano 1976
- Giuseppe Coluccia, L’Esperienza teatrale di Ludovico Ariosto, Manni, Lecce 2001
Fototeca
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Ente Responsabile
- Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara
Autore
- Stefania De Vincentis