Scheda: Soggetto - Tipo: Persona

Biagio Rossetti (1444-1516)

Firma autografa di Biagio Rossetti del 13 giugno 1491 (Modena, Archivio di Stato ©)

Portato alla ribalta internazionale da Bruno Zevi nel 1960, Biagio Rossetti è stato considerato per decenni il demiurgo di tutte le imprese architettoniche della Ferrara estense tra XV e XVI secolo: un ruolo ridimensionato dagli ultimi studi storici.

 


Nascita: 1444

Morte: 1516

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Categorie

  • architetto

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  • Biagio Rossetti | Addizione Erculea | Rinascimento

Pillole di vita

Nato nel 1444 e figlio del sarto Andrea, Rossetti è stato il principale architetto del Rinascimento estense: ricoprendo il ruolo di ingegnere dell'Ufficio Munizioni e Fabbriche della Camera Ducale dal 1483, egli sovrintese fino al primo decennio del Cinquecento ai principali cantieri urbani ed extraurbani, al pari di buona parte delle commissioni nei territori dello Stato (tra cui la Garfagnana, il Modenese, il Reggiano e il Polesine a nord del Po).

Particolarmente esperto anche in materia idraulica, a Rossetti sono ascritte alcune delle principali architetture religiose di Ferrara, come il campanile della chiesa di San Giorgio (1485 circa), le basiliche di San Francesco e di Santa Maria in Vado (1494-1498), l'abside della Cattedrale (1498-1499); sul fronte delle costruzioni militari e civili il catalogo delle opere annovera l'intera cerchia muraria (1495-1506), la sua dimora privata al civico 152 dell'attuale Via XX settembre (1490-1498), il Palazzo Costabili (1496-1503) sede del Museo Archeologico Nazionale, il Palazzo dei Diamanti (1494-1496) e l'odierna Piazza Ariostea (1494-1495), fulcro nevralgico di quell'Addizione Erculea che egli supervisionò nei panni di architetto-ingegnere.

Numerosi sono gli edifici sacri, pubblici e nobiliari a lui riconducibili ma non più esistenti o dubitativamente assegnati in assenza di documenti comprovanti (come la chiesa della Certosa). Morì il 16 settembre 1516: sepolto in Sant'Andrea, la sua tomba risulta dispersa dal 1878. Dalla moglie Elisabetta Flornovelli ebbe due maschi e tre femmine: Nicolò, Caterina, Ilisia, Girolamo e Margherita.

 

La vicenda della sua tomba

Dovendo adattare l'ormai sconsacrata chiesa di Sant'Andrea ad uso del Reggimento d'Artiglieria, l'autorità municipale ferrarese autorizzò nel maggio 1878 il dissotterramento di tutti gli inumati e la ricollocazione in altre sedi di un centinaio di urne, la maggior parte delle quali secolari. Secondo le relazioni sugli sterri reperite da Giovanni Vincenti nei fondi dell'Archivio Storico Comunale e da lui compendiate nel 1909 e 1911 tra le colonne della Rivista e della Gazzetta Ferrarese, le ossa di Biagio Rossetti assieme a quelle dell'architetto Alberto Schiatti e del pittore Giacomo Parolini  furono interrate nuovamente nel febbraio 1889 nel cimitero della Certosa, in un punto senza alcun contrassegno visivo distante undici metri dal Pantheon e metri 4 dalle linee parallele del gran viale, mentre la lastra con epigrafica iscrizione fu venduta su autorizzazione dell'Ufficio Tecnico Comunale, con grande utile per il bilancio dell'amministrazione. A quale lapide si sta alludendo, considerando che il marmo commemorativo con l'incisione Blasius Rossettus languentis architecturae instaurator ricordato per primo da Marc'Antonio Guarini nel suo Compendio del 1621, non trova spazio nelle fonti oltre il 1735, quando Ferrante Borsetti menziona per l'ultima volta l'elogio eiusdem sepulchri in Templo domini Andreae Ferrariae nell'Historia Almi Ferrariae Gymnasii? A partire dalla raccolta delle Iscrizioni sepolcrali e civili di Ferrara compilata da Cesare Barotti nel 1760 e rielaborata nel 1776 con l'aggiunta delle piante delle chiese: nella sezione dedicata al tempio agostiniano, nel primo volume, troviamo infatti segnalata col numero 35, al centro del transetto, la tomba del conte Alessandro Rossetti di Valdalbero, recante l'anno 1618, mentre un generico tumulo di un altro ramo comitale dei Rossetti indicato col numero 77 ai piedi del sottarco della terza cappella nella navata laterale di sinistra, ovvero nella stessa posizione della sepoltura di Biagio riferita da Guarini.

La sparizione indirettamente acclarata da Barotti è oltremodo confermata pochi anni dopo nelle Memorie di Antonio Frizzi, che definiva “smarrito” l'epitaffio guariniano. Eppure nel 1773 e nel 1819 sia Giuseppe Antenore Scalabrini sia la marchesa Ginevra Canonici evidenziavano la presenza di Rossetti, Schiatti e Aleotti tra gli “architetti celebratissimi” là sepolti, così come dal dossier pubblicato nel 1909-1911 si evince che ad essere smerciata fu proprio l'epigrafe originale dettata da Girolamo Rossetti subito dopo la morte del padre Biagio: aporie di non poco conto, intricate, che – per contro – stridono sonoramente con la fastosità dei pubblici onori tributati alle spoglie di Giovanni Battista Aleotti, disseppellite dalla Cappella del Santissimo Sacramento il primo settembre 1878 e ricomposte entro una nuova cassa di legno. Momentaneamente depositato alla Certosa, il giorno 7 il feretro fu adagiato sopra un carro inghirlandato e trainato da cavalli per tutto il centro cittadino fino alla Porta Reno, dove si celebrò alla presenza di sindaco, assessori, autorità religiose e di “Rappresentanze delle Società” il commiato definitivo prima della partenza per Argenta, sua cittadina natia: il Santuario della Celletta accolse “con pompa solenne” non solo i resti mortali dell'architetto, ma anche l'arca e la lapide marmorea del tumulo ferrarese, recante la lunga iscrizione che esaltava le sue doti umanistiche di conoscitore dei precetti vitruviani, oltreché tecniche nel campo dell'ingegneria militare e dell'idraulica. Le esumazioni di Rossetti e di Aleotti costituiscono dunque due eventi davvero incomparabili, direttamente proporzionali al livello di conoscenza sulle carriere dei due maestri palesato dalla comunità degli eruditi locali.

 

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara