Scheda: Tema - Tipo: Natura e ambiente

I maceri

Un macero ferrarese. Foto Fusaro e Lampo, Archivio Museo di Storia Naturale di Ferrara

I maceri sono dei bacini d’acqua che erano utilizzati per la lavorazione della canapa, hanno una forma rettangolare e una profondità variabile, anche se generalmente non superiore ai due metri. Ecologicamente, possono avere tre zone: acquatica, di riva, arboreo-arbustiva.

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  • macero | maceri | lavorazione della canapa

Introduzione

I maceri sono bacini artificiali di acqua stagnante, un tempo utilizzati in Emilia-Romagna per la lavorazione della canapa. Questa coltivazione, introdotta in Italia tra il X e l’VIII secolo a.C., era particolarmente diffusa in Pianura Padana e Campania. Il tessuto di canapa veniva utilizzato soprattutto per abiti di contadini e monaci e per la produzione di sacchi, corde e vele. Con lo sviluppo della navigazione a vela la canapa divenne un elemento fondamentale e il suo commercio assunse un rilevante carattere economico-imprenditoriale. Agli inizi del Novecento la Penisola era seconda solo alla Russia e la provincia di Ferrara era riconosciuta come massima produttrice nazionale di canapa tessile (363 000 quintali l’anno). Il territorio ferrarese ospitava allora circa 10.000 maceri. L’intera società era permeata di usi e tradizioni legati alla canapa.

Nella seconda metà del XX secolo, con il declino e l’abbandono definitivo di questo materiale, sostituito dal cotone e dalle fibre sintetiche, molti di questi stagni vennero chiusi per recuperare terreni agricoli ed edificabili. Nel 2004 la Stazione di Ecologia del Museo di Storia Naturale e la Provincia di Ferrara hanno attuato un censimento dei maceri rimasti.

Nella provincia ne risultano circa 1400. Nel territorio comunale di Ferrara i maceri sono 440, localizzati per lo più nelle zone a Sud e Nord-Est della città.

 

La lavorazione della canapa

La canapa (Cannabis sativa) appartiene all’ordine delle Urticali; le sue foglie hanno ghiandole produttrici di THC (tetraidrocannabinolo), ma in misura minore rispetto a Cannabis indica, la pianta usata come stupefacente.

La semina avveniva in marzo. Ad agosto le piante venivano tagliate, disposte sul terreno ed essiccate. Dopo aver creato dei fasci di 10-20 bacchette (“mannelle”), si procedeva con la macerazione. I fasci venivano calati in acqua, legati tra loro a formare grandi zattere che venivano fatte affondare ponendovi sopra dei sassi pesanti. La macerazione durava sette-dieci giorni, poi aveva luogo la lavatura. Quindi, le bacchette macerate venivano stese al sole per due o tre giorni in modo da farle essiccare. A questo punto, con l’operazione della scavezzatura la pianta veniva liberata dalla parte legnosa e la rimanente fibra tessile veniva battuta, pettinata ed avvolta in bobine per essere filata o intrecciata.

In inverno, le vasche dei maceri, usate anche per allevare pesci commestibili,  venivano svuotate e liberate dai sedimenti e dai sassi depositati sul fondo. A metà luglio, un mese prima del raccolto della canapa, in maceri venivano nuovamente allagati, tramite i fossati della rete idrica circostante. La coltivazione della canapa tessile è attualmente in ripresa in varie parti di Italia, per la sua estrema versatilità: viene utilizzata nel tessile, nell’alimentazione umana, in cosmesi, in edilizia, nell’industria dell’auto e per le lettiere di animali.

 

La flora

L’habitat acquatico di un macero non è molto profondo e le acque sono poco trasparenti,  ricche di nutrienti provenienti dai vicini campi coltivati. Diverse specie tipiche sono ormai rare.

Sulla superficie è facile osservare piante galleggianti con piccolissime foglie: si tratta delle lenticchie d’acqua (Lemna spp., Spirodela polyrrhiza). Se la luce riesce a filtrare, è possibile la crescita di piante che radicano sul fondo, delle quali emergono solo i fiori (Myriophyllum spicatum, Ranunculus thricophyllus, Potamogeton crispus, Persicaria amphibia). A volte la superficie è coperta dalle foglie della genziana o della felce d’acqua (Nymphoides peltata e Salvinia natans). Le sponde sono piuttosto ripide, originariamente quasi verticali. Le piante  predominanti in questa zona sono la cannuccia di palude e le tife (Typha latifolia e T. angustifolia), alcuni giunchi ed il coltellaccio: sono tutte piante alte, a fusti e foglie verdi tra le quali possono spiccare il giallo dei fiori di iris, ranuncoli e crescione anfibio, il porpora della salcerella, il rosa del giunco fiorito, il viola della dulcamara. Attorno allo specchio d’acqua possono coesistere diverse specie arboree:  fra le più comuni troviamo i salici bianchi, gli olmi, le farnie e i pioppi bianchi o neri. Numerosi sono anche gli arbusti come la sanguinella, il rovo (Rubus ulmifolius e R. coesius), il sambuco ed il prugnolo, talora avvolti dalle liane della brionia comune dai frutti rossi, belli ma velenosi, e dell’edera.

 

 

La fauna

Molte specie animali possono trovare ospitalità all’interno dei maceri; accanto ai vari organismi unicellulari, qui trovano riparo molluschi gasteropodi dei generi Viviparus, Stagnicola, Planorbarius, Planorbis, insetti acquatici come i rarissimi coleotteri ditiscidi e le libellule, crostacei come il gamberetto Palaemonetes antennarius, gli isopodi e gli anfipodi acquatici. Nei maceri si può avvistare la licena delle paludi, una bella farfalla protetta. È possibile vedere molti pesci: frequenti sono il pescegatto e la carpa, più rari invece la tinca e l’abramide. Sono molti anche gli anfibi e i rettili che utilizzano queste zone per la sosta, l’alimentazione e la riproduzione: le rane verdi, il rospo comune ed il rospo smeraldino, la natrice dal collare. Più raro, ma non impossibile, è l’avvistamento di tritoni (Triturus carnifex e Lissotriton vulgaris) e della testuggine palustre europea. Numerosi sono gli uccelli che sostano o nidificano: gallinelle d’acqua, aironi cenerini, nitticore, tarabusini e germani reali. La nutria, introdotta dal Sud America, è sicuramente il mammifero più presente, mentre molto più rara è l’arvicola anfibia.

Negli ultimi decenni è sempre più frequente la presenza di specie esotiche: nutrie, rane toro e gamberi rossi della Louisiana e tante specie di pesci, introdotti dell’uomo per l’allevamento e spesso abbandonati nell’ambiente, si sono diffusi nelle acque di pianura, causando grossi problemi alle specie autoctone ed agli ecosistemi.

 

La mappa dei maceri ferraresi e le IAP - Important Areas for Ponds

Questa è la distribuzione dei maceri ancora esistenti sul territorio ferrarese.Sono concentrati nella parte centro-occidentale della provincia, mentre mancano quasi del tutto nella zona orientale, cioè in quelle aree un tempo occupate da paludi bonificate nel corso dei secoli, zone ancora adesso in gran parte situate al di sotto del livello del mare che non furono mai adibite alla coltivazione della canapa. In virtù dell’elevata concentrazione di questi stagni, nei quali è possibile rinvenire specie animali e  vegetali protette, nel 2010 il territorio provinciale di Ferrara, su segnalazione del Museo di Storia Naturale ferrarese,  è stato incluso con il codice IT05 nel database IAP – Important Area for Ponds, promosso dall’ EPCN - European Pond Conservation Network.

Bibliografia

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Ente Responsabile

  • Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara