Caserma Bevilacqua
Collocato nel cosiddetto ‘quadrivio degli angeli’, il palazzo risale all’epoca dell’addizione erculea. Nel tempo assume le funzioni di caserma e attualmente ospita la Polizia di Stato. Dopo il bombardamento del carcere di Via Piangipane nel 1944, nella caserma Bevilacqua vengono rinchiusi i prigionieri ebrei maschi.
1. L'edificio
L’edificio della Casema Bevilacqua si presenta oggi come un complesso composto da tre corpi edilizi: lo stabile centrale di due piani a ferro di cavallo in mattoni rossi e i due corpi minori che affacciano sul viale Ercole I d’Este e che formano le due ali del cortile della caserma. Attualmente è sede dell'Ufficio Personale della Questura di Ferrara.
2. La storia
La vasta proprietà su cui il complesso è sorto nel 1493 circa, appartiene in origine alla famiglia Contrari, che la cede al conte Bonifacio Bevilacqua nell’ambito del grande progetto di Biagio Rossetti dell’addizione di Terranova, voluta dal duca Ercole I d’Este. La nobile dimora viene edificata nel celebre 'quadrivio degli Angeli'. Il palazzo rinascimentale vive i maggiori fasti in età estense, quando è anche dimora dei conti Rossetti, e nella seconda metà Settecento, quando ne diviene proprietario il gran maresciallo Gian Luca Pallavicini. In seguito viene adattato a uso di caserma e nel corso degli anni ospita: la guardia a cavallo del cardinale legato, poi i Dragoni in età napoleonica, mentre nel periodo post-unitario ospita prima l’esercito poi l’Arma dei Carabinieri e, infine, la Polizia di Stato. La funzione di caserma trasforma, nel tempo, il palazzo rinascimentale nell’odierno fabbricato ‘neutro’, se confrontato con gli altri palazzi dall’architettura imponente che segnano il quadrivio (palazzo dei Diamanti, palazzo Prosperi Sacrati, palazzo Turchi Di Bagno).
3. La seconda guerra mondiale
Dopo il bombardamento del carcere di Via Piangipane (fine gennaio 1944) nella caserma Bevilacqua vengono rinchiusi i prigionieri ebrei maschi: un accordo fra detenuti e funzionari del carcere prevede che durante i bombardamenti tutti possono fuggire dove meglio credono, ma devono ripresentarsi entro mezz’ora dal cessato allarme. In pochissimi ne approfittano per fuggire (De Felice 1988, Storia degli ebrei italiani, p.452). Nel febbraio del 1944 vengono portati nel campo di smistamento di Fossoli vicino Carpi (Modena) e da qui la maggior parte viene poi deportata al campo di sterminio di Auschwitz. Dal 27 gennaio 2013 nel cortile della caserma Bevilacqua un monumento realizzato dagli studenti del Liceo Artistico Dosso Dossi di Ferrara ricorda questi eventi, vi è incisa la frase dello scrittore e testimone Primo Levi “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.
4. Testimonianze
“... sopra l’altro angolo è posto [il palazzo] [...] già edificato dal splendidissimo conte Bonifacio Bevilacqui, stanza un tempo di don Alfonso Estense [marchese di Montecchio, di Alfonso I e Laura Dianti]; molto ragguardevole sì per la grandezza di lui, come per la vaga prospettiva, che di se mostra a chiunque lo mira, la quale insieme con la magnificentissima porta de’ Castelli [palazzo Prosperi Sacrati], la nobilissima cantonata de’ Turchi [palazzo Turchi Di Bagno], e la regia facciata de’ Diamanti hanno introdotto nel volgo, come di cose per le qualità loro singolari, un motto sovente replicato che dice, bella porta, bella entrata, bel canton, bella facciata” (Guarini 1621, pp. 132-133).
“... un vuoto [...] costituito da un neutro fabbricato ad un piano dietro il quale svettano i solenni alberi del parco Massari” (Zevi 1960, p. 196).
“Caserma Bevilacqua 9 (febbraio) 1944
Carissimi Luciana, Giovanella, Gilberto, tra pochi giorni parto per il concentramento. Lascio così la mia città per inoltrarmi nella provicia di Modena e precisamente credo che mi si stabilisca, s’intende con tutta la famiglia, a Carpi. Pongo così fine ad oltre quattro mesi di ansie e di apprensioni per attendere che questo caotico stato di cose si risolva in qualche maniera. Chissà che tutto vada per il meglio, ed è questa la mia speranza suprema. Se non avessi questa certamente potrei spararmi. […]Difficilmente, se avrò la fortuna di sopravvivere, avrò a che fare con una masnada di vigliacchi simili. Nemico della Patria: ecco la mia nuova denominazione. Il mio odio è fortissimo; sono sicuro che saprei anche uccidere. Così vi lascio e con voi lascio ricordi delle belle giornate trascorse insieme, affetti ed amicizie che mai potrò dimenticare”. (Estratto di una lettera di Eugenio Ravenna dalla Caserma Bevilacqua, in Ravenna Paolo, La famiglia Ravenna 1943-1945. Notizie e documenti su Margherita, Bianca, Gino, Alba, Renzo e Lina Ravenna dall'8 settembre 1943 alla fine della Seconda guerra mondiale, Ferrara, Corbo, 2001, p. 23)
Bibliografia
- Guarini, Marc'Antonio, Compendio historico dell’origine, accrescimento, e prerogative delle Chiese e Luoghi Pii della Città e Diocesi di Ferrara, Eredi di Vittorio Baldini, Ferrara 1621 , pp. 128-135
- Zevi, Bruno, Saper vedere l'urbanistica, Einaudi, Torino 1960 , pp. 180-204
- De Felice, Renzo, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1988
- Fioravanti Baraldi, Anna Maria, Palazzo Bevilacqua, Rossetti, Pallavicini, detto il Quartierone, in Bassi, Carlo - Peron, Marica - Savioli, Giacomo (a cura di), Ferrara 1492-1992. La strada degli Angeli e il suo Quadrivio - utopia disegno e storia urbana, Corbo, Ferrara 1992, pp. 155-164
Sitografia
- resistenzamappe.it/ferrara-fe_persecuzioni-caserma_bevilacqua.all
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Ente Responsabile
- Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara
Autore
- Federica Pezzoli
- Sharon Reichel