Scheda: Luogo - Tipo: Vie e Piazze

Corso della Giovecca

Corso della Giovecca

Parte di uno dei principali assi viari cittadini, si sviluppa dal quadrivio costituito con corso Martiri della Libertà, Borgo dei Leoni e il Largo Castello prossimo a viale Cavour, fino alla Prospettiva che affaccia su Piazza Medaglie d’oro.

 


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Denominazione e cenni storici

Secondo quanto trasmessoci da Gerolamo Melchiorri attraverso il suo studio toponomastico pubblicato per la prima volta nel 1918, il nome di questa arteria cittadina si collegherebbe all’«antico luogo, detto “Zudeca dei Torresini” che sorgeva nel Borgo Inferiore, in prossimità della fossa rimaria della città, la quale poi fu chiusa e convertita in ampia strada, o corso, delle antiche denominazioni di “Giuvecca, Giudecca, Zuecca e Zodeca” e finalmente di “Giovecca” (G. Melchiorri, Nomenclatura ed etimologia delle piazze e delle strade di Ferrara e Ampliamenti all’opera di Gerolamo Melchiorri, a cura di C. Bassi, 2G Editrice, Ferrara 2009, p. 80). A suo parere, la derivazione più probabile sarebbe dal provenzale Juvec, che significa Gioco: il riferimento parrebbe essere ai giochi e alle corse che si tenevano nell’antichità in occasione della festa di San Giorgio, patrono della città di Ferrara, anticamente in due luoghi non lontani da Corso Giovecca e successivamente anche in altre vie della città. Preme ricordarlo data la fortuna e l’importanza che lo studio di Melchiorri ha rivestito e riveste per Ferrara.

Tuttavia, è altrettanto importante evidenziare come uno studio recente di Carla Maria Sanfilippo metta in luce che la denominazione di questa strada si riferisca all’attività della concia, attività con origini antiche a Ferrara, evidenziando come «con il nome di zoeca nelle testimonianze più antiche non si alludesse mai a un tracciato stradale, ma ad un’area più ampia» [Fra lingua e storia: note di toponomastica ferrarese, Annali Online di Ferrara - Lettere, Vol. 1 (2012) 29/37], come confermato da «recenti scavi archeologici che hanno mostrato come l’attuale via Giovecca coincida “con il margine settentrionale dell’antico fossato-canale” e che questo risulti parzialmente colmato solo “fra l’ultimo quarto del XV secolo e la metà, terzo venticinquennio seguente” e definitivamente chiuso “non prima della metà del XVI secolo, in concomitanza con la realizzazione di nuovi edifici sul tracciato delle vecchie mura abbattute” [S. Gelichi, Corso della Giovecca, in A.M. Visser (a cura di), Ferrara nel Medioevo. Topografia storica e archeologia urbana, Grafis Edizioni, Casalecchio di Reno 1995, p. 150]. […] Comincia così a vacillare uno dei caposaldi della storiografia locale: la convinzione che la Giovecca fosse già urbanizzata nel Trecento e abitata dagli ebrei. La comunità ebraica fino al suo primo apparire, al contrario, è ben radicata nel tessuto cittadino, non al di fuori, dato che fu sempre vista favorevolmente dalla casa d’Este e non risultano provvedimenti coercitivi che la confinassero in area extra-urbana» (C.M. Sanfilippo, cit.). Il riferimento di Sanfilippo è qui all’equazione Judaica = insediamento urbano e la studiosa prosegue, a partire dalla toponomastica, a rileggere la storia cittadina: «È probabile quindi che il termine giudecca non alludesse solo alla residenza di un gruppo di Ebrei, ma anche al luogo dove svolgevano la loro attività di conciatori e che poi il termine abbia finito per indicare la conceria, indipendentemente da chi vi operasse» (cit.).

Anticamente Corso Giovecca è stato «un canale, un fossato di protezione di mura, sul cui baricentro era collocato il castello detto di San Michele o Castelvecchio» (C. Bassi, Perché Ferrara è bella, cit.). Essendo le costruzioni sul suo lato sinistro successivi alla cosiddetta terza addizione o erculea e prevalendo l’edificazione monumentale su quello destro, è possibile considerare la Giovecca «limite della città vecchia e, dall’altra, bordo della città nuova in tutta formazione a partire dal 1490. Con questa duplicità nella sua funzione di margine, la Giovecca diventa il cuore delle due città che essa unisce» (C. Bassi, cit.).

Percorrendola dall’incrocio tra corso Martiri della Libertà, Borgo dei Leoni e il Largo Castello prossimo a viale Cavour, si distinguono numerosi complessi notevoli, a partire dalla facciata della chiesa di San Carlo, nel primo tratto, a sinistra, di fronte alla quale si colloca uno degli ingressi alla Rotonda Foschini, afferente al Teatro Comunale: entrambe sono a forma ellittica e sono rispettivamente collocate in un asse perfetto.

Proseguendo, sulla sinistra è l’accesso al quartiere novecentista, di dimensioni contenute, ma pregevole sul piano urbanistico come su quello architettonico, firmato dall’architetto Carlo Savonuzzi.

Sullo stesso lato, al civico 65, si trova il cinquecentesco palazzo Magrini. Negli anni ’70 fu restaurato da Carlo Bassi e Goffredo Boschetti per conto della Banca di Credito Agrario che ne fece la sua sede centrale. Successivamente divenne sede operativa della Cassa di Risparmio di Ferrara e ora di BPER Banca.

A destra, al 108, vi è la monumentale ex sede della Cassa di Risparmio di Ferrara, ora di BPER Banca, disegnata da Luigi Barbantini con la consulenza di Gaetano Koch risalente al 1907.

Al numero 110 è la sede dell’Arma dei Carabinieri, presso il cinquecentesco palazzo Romei Agnoletti. Sede del Fascio negli anni ’30, ha recentemente recuperato la propria qualità estetica, architettonica e di servizio, grazie al restauro ultimato nel 2004.

Al civico 135 è visibile la targa della Società Dante Alighieri a ricordo di Ferruccio Luppis, o De Lupis, protagonista della diffusione dell’immagine di Ferrara nel mondo.

Al numero 148 si trova l’ingresso del Parco Pareschi, parco pubblico al tempo giardino degli Estensi, divenuto successivamente area verde del Palazzo di Renata di Francia e acquistato nel XIX secolo assieme al palazzo retrostante dai Pareschi, che lo ridsegnarono all’inglese. Di quella famiglia mantiene ancora oggi l’intitolazione nonostante sia stato poi acquisito dalla famiglia Cini, che, nella persona di Vittorio Cini, lo lasciò alla città destinandolo a uso pubblico.

Al 165 sorge la Casa della Patria Pico Cavalieri, l’edificio donato a Ferrara dal padre dello stesso Cavalieri, pilota aviatore della prima guerra mondiale caduto ad Arona a cui la città intitola anche una via, in cui si riuniscono l’associazione di ricerche storiche a lui dedicata e associazioni di volontariato.

Al civico 170 si colloca la Palazzina Marfisa d’Este, uno dei poli del sistema museale ferrarese, alle cui spalle si situa il circolo del tennis frequentato, tra gli altri, da Giorgio Bassani e Michelangelo Antonioni.

Al 203 si distingue l’ingresso dell’ex Arcispedale Sant’Anna, disegnato da Giacomo Diegoli nel 1927, divenuto oggi Cittadella della Salute di San Rocco. È questo l’ultimo grande edificio di rilievo del corso prima della sua conclusione, sancita dall’arco monumentale della Prospettiva del Mazzarelli, risalente al 1703, che affaccia su Piazza Medaglie d’Oro e al tratto di mura che apre la città verso est, in direzione del mare, proseguendo per via Pomposa.

 

Nella letteratura

Corso Giovecca compare in molte delle produzioni bassaniane.

Tra le occorrenze campeggia quella posta a incipit della seconda delle Cinque storie ferraresi, La passeggiate prima di cena. Come in un lungo piano sequenza silenzioso che attraverso il dato visivo introietti il lettore gradualmente eppure sempre più profondamente, nel racconto e nella narrazione, il corso si fa protagonista indiscusso della scena. Il pretesto è la lettura dell’immagine di una cartolina d’epoca, che ritrae, appunto, la Giovecca: un espediente letterario che consente il passaggio dal dato visivo e solo apparentemente oggettivo alla vicenda, dato visivo che nonostante la natura statica della fonte viene restituito come fosse in movimento, come quello dell’occhio che segue i dettagli sulla fotografia, analogo a quello di un passante che percorre la via o a una macchina da presa in piano sequenza, e quello sfondo, attraverso lo sguardo autorale, gradualmente assume tridimensionalità e vita. (Nella sezione dedicata alle testimonianze si offre la prima parte del brano dedicato nel racconto a questa importante via cittadina). Un processo simile a quello attuato qui da Bassani, che attraverso il suo sguardo consente al lettore di percorrere corso Giovecca, si ritrova nel suo componimento Rolls Royce, in cui l’autore scrive però in prima persona e dove il dato visivo apre al dato autobiografico e memoriale, pur nella trasfigurazione letteraria e nostalgica.

Allo stesso Bassani si deve una descrizione di Corso Giovecca nell’immediato primo dopoguerra. Piuttosto estesa e dettagliata costituisce l’incipit a La passeggiata prima di cena, il racconto del 1945 pubblicato postumo in Bassani. Racconti, diari, cronache (1935-1956) (Feltrinelli, Milano 2014, p. 341s.), che anche il curatore Piero Pieri riconosce come «sì, la prima articolata testimonianza dell’omonima Passeggiata delle Cinque storie ferraresi, ma è anche un elaborato dal taglio autonomo» (ibid., p. 341), pregevole inoltre per l’espressione bassaniana della dimensione del ricordo.

 

Testimonianze

«Ancora oggi può succedere, frugando in certe bottegucce di Ferrara, di mettere le mani su cartoline vecchie di quasi cento anni. Sono vedute spesso ingiallite, macchiate, talvolta a dire il vero poco decifrabili… Una delle tante mostra corso Giovecca, la principale arteria cittadina, come era allora, nella seconda metà dell’Ottocento. A destra e in ombra, a guisa di quinta, si staglia lo sperone del Teatro Comunale, mentre la luce, che è quella tipica di un dorato crepuscolo primaverile emiliano, converge interamente sul lato sinistro dell’immagine. Da questa parte le case sono basse, per lo più a un solo piano, coi tetti ricoperti di grosse tegole brune, alla base qualche piccolo negozio, una pizzicheria, l’antro di un carbonaio, una macelleria equina, eccetera: tutta roba che nel ’30, anno ottavo dell’E. F., quando pressoché di contro al Teatro Comunale fu decisa la costruzione dell’enorme palazzo in candido travertino romano delle Assicurazioni Generali, venne rasa al suolo senza pietà.

La cartolina è ricavata da una fotografia. Come tale essa dà conto, e non senza efficacia rappresentativa, dell’aspetto della Giovecca intorno alla fine del secolo XIX (una specie di lunga carraia nell’insieme piuttosto informe, col suo ruvido ciottolato, più degno di un paesone della Bassa che di un capoluogo di provincia, scompartito nel mezzo dalle esili righe parallele delle rotaie del tram), ma ovviamente non altrettanto della vita che nell’attimo in cui il fotografo fece scattare l’obiettivo la percorreva da cima a fondo: dall’angolo del Teatro Comunale e del sottostante Gran Caffè Zampori, sulla destra, a pochi metri di distanza dal luogo dove era piazzato il cavalletto, fino laggiù, alla lontana, rosea fronte soleggiata della Prospettiva terminale.»

(G. Bassani, La passeggiata prima di cena, in Opere, Il romanzo di Ferrara, Mondadori 2001, p. 55s.)

 

«Devo fare uno sforzo per ricordami Corso G. come era allora, nei primi anni dopo la guerra ’14-18. La pavimentazione attuale è una cosa di lusso, da grande città. Come è adesso, Corso G. è un lungo stradone così dritto, ampio, pulito, da riflettere il colore del cielo. Si sono tolte le rotaie del tram, e anche le guide parallele di pietra bianca lungo le quali scorrevano carrozze e biciclette. […]

Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale io ero un bambino, e se penso al corso G. com’era allora, esso mi appare come una fotografia sbiadita. Non c’erano le lisce selci azzurre, non c’erano i cavi sospesi della filovia; ricordo la riga serpeggiante dei binari, sempre più rugginosa mano a mano che si avvicinava alla campagna, ricordo le doppie guide parallele, d’un colore grigio sporco, su cui correvano sussultando alle commessure delle pietre, biciclette e calessi. Era una strada tutta disseminata di sassi e ineguale nel fondo come una carraia: per questo, nella memoria, mi appare più affollata di adesso, più movimentata. Ma d’altronde so bene che ciò non può essere.»

[G. Bassani, La passeggiata prima di cena, in Bassani. Racconti, diari, cronache (1935-1956), cur. P. Pieri, Feltrinelli, Milano 2014, p. 342s.]

 

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Ente Responsabile

  • Assessorato alla Cultura e al Turismo, Comune di Ferrara

Autore

  • Barbara Pizzo